Con la disoccupazione al 12,8% il costante sviluppo del mercato digitale rappresenta un’importante opportunità in termini di crescita occupazionale. Confindustria Digitale ha stimato che la svolta di questo mercato varrebbe 6,6 punti di PIL italiano e genererebbe 700.000 posti di lavoro nei prossimi cinque anni, con i primi effetti già nel 2015.
A confermare queste previsioni, è anche l’Osservatorio Infojobs, secondo cui il 23% delle offerte di lavoro di quest’anno si concentrerà sui campi di Internet e dell’Informatica.
A frenare queste opportunità per risollevare l’economia e l’occupazione nel nostro Paese sono però le carenze di regole e normative adeguate.
Per quanto concerne la disciplina in materia di protezione dei dati, la legislazione italiana è ormai da tre anni in una fase di quiescenza, aspettando che il soccorso arrivi dalla stessa UE mediante l’introduzione di un nuovo regolamento privacy previsto per quest’anno.
Un dato parzialmente incoraggiante è che ultimamente ci sono stati dei timidi segnali positivi con la riforma delle professioni non organizzate in ordini e collegi attuata con la Legge 4 del 2013, che ha concesso alle associazioni professionali la possibilità di autoregolamentarsi, ed anche le certificazioni basate sulla norma internazionale ISO 17024 sono sempre più utilizzate dai professionisti per dimostrare le proprie competenze.
“Nei prossimi 12 mesi permetteremo a 1.000 professionisti di dotarsi di credenziali documentate mediante gli attestati di qualità rilasciati ai sensi della Legge 4/2013, ed i certificati basati sulla Norma ISO 17024 emessi dal Tüv Examination Institute come organismo di certificazione di terza parte – afferma Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy -. Tuttavia, con l’arrivo del regolamento europeo, il mercato potrà richiedere tra i 25.000 ed i 70.000 privacy officer. Nonostante i numeri ci diano ampia soddisfazione per quel che riguarda il nostro operato, questo significa d’altra parte che gli sforzi da noi compiuti per dare trasparenza e credibilità alla categoria professionale rappresentano purtroppo una goccia nel secchio rispetto al reale fabbisogno”.
Per sfruttare al meglio le opportunità che verranno dal mercato digitale, servono quindi misure adeguate per garantire la trasparenza e la qualità delle attività svolte dai professionisti dell’era di Internet.
Una proposta che farebbe chiarezza sulle professioni del settore, dando al tempo stesso maggiori tutele ai cittadini sul rispetto della loro privacy, viene dal presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy, Luca Bolognini: “Se il nostro Garante Privacy prescrivesse in via generale la necessità di un responsabile privacy per ogni struttura con dati sensibili, come già fece con il provvedimento sugli Amministratori di Sistema, non servirebbe neanche aspettare l’avvento del Regolamento europeo. Il Privacy Officer, già previsto a vario titolo in diversi Paesi del mondo, inclusa la Germania – spiega Bolognini – darebbe maggiore garanzia sulla tutela aziendale delle informazioni. Facciamo appello alla nostra Autorità affinché preveda questa figura almeno per i casi più delicati, e pensiamo ad esempio a settori come la sanità digitale, il Big Data analytics, il marketing e i trattamenti di dati di minori”.
L’economia digitale potrà pertanto dare un contributo decisivo per il rilancio del mercato del lavoro, ma spetta alle istituzioni il compito di creare le giuste condizioni per coglierne le opportunità, stabilendo al tempo stesso le regole necessarie ad evitare che si venga a creare una sorta di “mercato selvaggio” delle professioni.