[section_title title=LizardStresser o il pericolo dell’IoT – Parte 1]
Di Matthew Bing, Research Analyst di Arbor Networks
versione italiana a cura di Marco Gioanola, Senior CE, Cloud Services Architect di Arbor Networks
LizardStresser è una botnet scritta originariamente dal famigerato gruppo Lizard Squad. Il codice sorgente era stato rilasciato pubblicamente ad inizio 2015 spingendo molti aspiranti malintenzionati a creare le proprie botnet personali per lanciare attacchi DDoS. Il gruppo ASERT di Arbor Networks ha seguito le attività di LizardStresser registrando due preoccupanti tendenze:
1. Il numero di siti C2C (Comando & Controllo) di LizardStresser è costantemente aumentato in tutto il corso del 2016.
2. Alcuni personaggi che utilizzano LizardStresser si sono concentrati sui dispositivi IoT (Internet of Things) approfittando delle password di default che vengono condivise da intere classi di dispositivi.
Sfruttando la banda cumulativa resa disponibile da questi dispositivi IoT, un gruppo di hacker è riuscito a lanciare attacchi da 400Gbps contro siti di videogiochi, istituti finanziari brasiliani, ISP ed enti pubblici di tutto il mondo.
LizardStresser è un bot per DDoS progettato per girare su Linux. Il codice è composto da due metà, un client e un server. Il client gira su macchine Linux compromesse che si collegano a un server di controllo definito nel codice. Il protocollo è essenzialmente una versione ridotta di una chat IRC. I client infetti si collegano al server e ricevono i comandi elencati qui di seguito.
– Lanciare un attacco DDoS, utilizzando una varietà di metodi di attacco diversi.
– Eseguire comandi sul sistema infetto. Utile per scaricare versioni aggiornate di LizardStresser o altri malware, anche totalmente differenti.
– Propagarsi nella rete. I client si collegano a indirizzi IP casuali cercando di effettuare un login via telnet utilizzando un elenco predefinito di nomi utente e password. I login andati a buon fine vengono segnalati al server di controllo per la successiva assimilazione all’interno della botnet.
LizardStresser è estremamente facile da diffondere. Abbiamo osservato esemplari adattati per diverse architetture come x86, ARM e MIPS, ovvero le piattaforme più comuni per i dispositivi IoT.
Le tendenze. L’ASERT ha tenuto d’occhio i server di controllo di LizardStresser fin da quando il tool ha fatto la sua comparsa sulla scena. Nel corso del 2016 abbiamo notato uno spiccato incremento nel numero di server, che a giugno è arrivato a oltre il centinaio di unità. Sebbene non possiamo essere certi di possedere i campioni di tutte le varianti attive di LizardStresser, Arbor si trova comunque nella posizione adatta per correlare l’incremento dei server con quello degli attacchi effettivi, le cui caratteristiche corrispondono con le statistiche degli attacchi DDoS mantenute da ATLAS, la piattaforma di monitoraggio di Arbor.
IoT. La funzionalità di attacco telnet di LizardStresser tenta di eseguire il login su indirizzi IP casuali utilizzando un elenco predefinito di nomi utente e password. Questo elenco costituisce ovviamente il livello assolutamente più basso della mancanza di sicurezza. Dal punto di vista di un malintenzionato, qualsiasi macchina che possa essere violata attraverso questo elenco di default è stata molto probabilmente già compromessa. Nel caso del malware DDoS, una vittima ha tanto più valore quanta più banda può utilizzare per il traffico di attacco. La bandwidth di una macchina già compromessa viene probabilmente già sfruttata da altri. Il malintenzionato può cercare di neutralizzare il malware concorrente, ma per questo occorrono tempo e lavoro.
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