Ruota attorno all’evoluzione del ruolo dei data center in colocation dal punto di vista dei CIO e dei Service Provider il nuovo studio realizzato da Data Center Dynamics Intelligence per DATA4 presso i Chief Information Officer (2.000) e i fornitori di cloud (500) di 15 diversi Paesi europei. La ricerca realizza una comparazione tra i differenti Paesi europei in tema di implementazione di data center e valuta le conseguenze della regolamentazione europea nel mercato della colocation.
Cambia il ruolo del CIO
L’esplosione del traffico dei dati, l’aumento della mobilità, le interazioni permanenti con i clienti, impongono oggi alle imprese una continua flessibilità. Basandosi su soluzioni multiple, composite e interdipendenti, l’informatica è la chiave di volta dei successi aziendali. In questo nuovo mondo basato sui numeri, dove tutto è applicazione, dove “il software definisce tutto” (SDE, Software Definies Everything), l’impresa deve considersi come una “app” evolutiva, in grado di reinventarsi continuamente e mantenere un dialogo costante con il proprio eco-sistema.
Il ruolo del CIO è profondamente cambiato: braccio destro della Direzione deve oggi più che mai mettersi al servizio del business e delle performance aziendali con un grado di adattabilità, reattività e proattività estremamente elevato poiché integrare contemporaneamente tecnologie multiple, scegliere partner qualificati e sviluppare rapidamente applicazioni e servizi non è semplice. La scommessa: integrare piattaforme fisiche non “cloudizzabili” (poiché non tutti i dati sono e saranno presenti nella nuvola), il Cloud privato e risorse multiple di Cloud pubblico. L’informatica ibrida, o Hybrid IT, appare dunque come la ricetta per rendere fattibile questa combinazione complessa ma efficace.
Le principali evidenze dello studio
La riorganizzazione della filiera economica dei data center influisce sul modo in cui i grandi fornitori di Cloud si organizzano e intervengono sulle proprie piattaforme mondiali.
Le falle dei regolamenti (RGPD per l’EU; Privacy Shield per gli USA) incidono profondamente sul Cloud, sull’industria degli operatori di data center e più ampiamente sui CIO che vedono l’affidamento in outsourcing delle proprie risorse IT un processo rischioso e complesso.
Nonostante sembri essere consolidato il “triangolo d’investimento” tra il Cloud, la colocation e le infratrutture IT interne alle imprese, è giunto il momento di ripensare all’equazione tradizionale “rack + elettricità + connettività + sicurezza” poiché dovrebbe evolversi rapidamente per poter beneficiare di architetture complesse, agili e trasparenti alla base dell’Hybrid IT.
Colocation, il futuro dei data center
I data center privati aziendali si riducono a vantaggio dei data center in colocation.
Tra il 2012 e il 2020, il parco informatico esistente in Europa sarà migrato a soluzioni in colocation a un tasso del 2,4% per anno equivalente a una migrazione completa (nel medesimo periodo di riferimento) dell’intero parco informatico francese. Oggi l’80% delle risorse IT dei Paesi dell’Europa del Nord sono ospitati in colocation contro il 40% della Francia e il 30% della Germania. Il potenziale di crescita resta dunque significativo per questi Paesi e il processo dovrebbe ulteriormente accelerare.
Nello stesso tempo, le imprese chiedono servizi “chiavi in mano”. Così nel periodo 2012-2020 i servizi informatici “gestiti”, cioè realizzati a distanza per piattaforme situate in colocation o in centri informatici, dovrebbero crescere in media a un ritmo di oltre il 10% per anno, più del doppio del ritmo di sviluppo nella realizzazione di data center (+ 4,7% per anno), siano essi commerciali o privati. Occorre sottolineare che l’esternalizzazione dei servizi dà alle imprese un maggior grado di libertà nella misura in cui contiene gli investimenti.
In questo contesto, il Cloud pubblico e i servizi gestiti in maniera esternalizzata saranno responsabili della maggior parte dei processi di migrazione dei centri informatici verso la colocation.
L’investimento verso la colocation dovrebbe aumentare del 13,6% per anno tra il 2016 e il 2020, cioè 6 volte più del numero dei data center costruiti a titolo privato. I servizi gestiti dovrebbero crescere del 16,1% l’anno.
In questo modo, nel 2020 gli operatori di data center in colocation pur occupando il 6% del mercato globale dei data center ne rappresenteranno, rispettivamente, il 40% in termini di spazio occupato e il 45% in termini di capacità elettrica disponibile.
Il ritardo sulla tabella di marcia
La regola non cambia: è la rapidità di accesso al mercato che consente di essere competitivi, ridurre il rischio e conquistare nuove quote di mercato.
In questo contesto, l’informatica è un elemento chiave. È essenziale per mettere in atto processi performanti all’interno delle imprese, facilitare gli scambi di competenze tra i team, ottimizzare l’allocazione delle risorse e innescare un cambiamento auto-adattivo sempre più agile e innovativo.
Inoltre, il sistema informativo deve essere sufficientemente flessibile e performante per scambiare e gestire consistenti volumi di dati, accedere a potenti applicazioni e andare a reperire nel Cloud le applicazioni esterne necessarie, spesso distribuite su più data center.
Tuttavia, la maggior parte dei data center tradizionali, soprattutto i centri informatici delle imprese, non sono concepiti con quest’ottica di informatica distribuita. Non dispongono di reti specializzate. D’altro canto, passare attraverso internet non fornisce garanzie e sicurezza sufficienti. La rete tra le applicazioni, detta “rete orizzontale”, diventa dunque il punto critico.
Informatica distribuita e Cloud: la migrazione non è così semplice!
Oltre il 31% delle aziende utilizzano già risorse di calcolo e di storage in Cloud (IaaS). Quasi il 30% delle imprese hanno un Cloud privato e un ulteriore 30% fanno ospitare piattaforme dedicate.
Tuttavia, anche se il Cloud fornisce flessibilità e vantaggi finanziari, permangono i limiti di sicurezza, performance e regolamentazione. D’altro canto è noto che alcune piattaforme fisiche e applicazioni aziendali non migreranno. Qui risiedono i limiti per una migrazione del Cloud su larga scala.
La soluzione risiede dunque nella combinazione tra la sicurezza delle piattaforme private e la “scalabilità” del Cloud pubblico. Conservando il meglio dei due mondi, l’Hybrid IT è diventata il Graal dei CIO. Oltre il 25% degli interpellati per la realizzazione dello studio, e in particolare il 77% dei CIO, pensano di farvi ricorso.
Tuttavia, nello stesso tempo, i CIO esprimono forti dubbi, tra cui i più rilevanti sono:
• L’accesso sicuro alle risorse sul Cloud
• La rilevanza ancora limitata degli impegni di garanzia del servizio
• Le problematiche relative alla localizzazione dei loro dati
È interessante notare che queste reticenze non vengono espresse dai CIO che non utilizzano il Cloud ma, paradossalmente, da coloro che già lo utilizzano o che hanno l’intenzione di adottarlo. I CIO riconoscono che il Cloud implichi flessibilità, agilità, vantaggi in termini di costi, ma chiedono altresì di essere rassicurati sulla sicurezza, il controllo e l’impegno a garanzia del servizio. Inoltre, la migrazione verso il Cloud deve tenere in conto la presa in carico delle applicazioni “storiche” sulle quali numerose aziende continuano ad appoggiarsi.
Questi criteri determinanti evidenziano che le imprese ricercano i benefici del Cloud ma senza gli svantaggi percepiti o sperimentati legati all’esternalizzazione dei servizi.
Da notare che il 66% di coloro che utilizzano l’Hybrid IT, la percepiscono come capace di rispondere alle richieste di capacità supplementare e un 50% come miglior modo di trarre vantaggio dal Cloud.
Questa domanda di Hybrid IT evidenzia una sinergia tra colocation e Cloud.
Nella misura in cui i più grandi clienti degli operatori in colocation sono oggi aziende di software e servizi digitali e i fornitori di Cloud (19% del mercato), ci si aspetta che gli operatori nell’ambito della colocation si rivolgano sempre di più a questi settori. Attualmente il 22% si interessa al nuovo segmento di mercato dell’Hybrid IT.
D’altro canto si constata che il tasso di occupazione dei data center aumenta quando sono presenti offerte cloud (58,1% quando non ci sono offerte Cloud e oltre il 70% quando ve ne sono), prova di questa “ibridazione”.
Infine, oltre il 50% dei fornitori di Cloud, locali o internazionali, si rivolgono alla colocation, prova della loro volontà di conformarsi alle nuove regole sulla protezione dei dati ed evitare criticità sulle reti, puntando a una localizzazione più vicina ai loro mercati di riferimento.