[section_title title=L’indipendenza professionale dell’IS auditor – Parte 1]
A cura di Francescofelice Tavolaro, IT Auditor presso l’ARCEA (Agenzia Regione Calabria Erogazioni in Agricoltura)
La sempre maggiore incertezza del contesto in cui le aziende pubbliche e private si trovano ad operare, sta spingendo diversi manager a dotarsi, all’interno delle proprie strutture, di uffici di internal auditing con l’obiettivo di governare il rischio aziendale e quindi di avere garanzie che la propria organizzazione sia allineata agli obiettivi strategici, raggiungendoli in maniera efficace, efficiente e conforme alle normative di settore.
In alcuni casi, tale assetto ormai è richiesto anche da leggi e regolamenti nazionali e comunitari, i quali prevedono che talune organizzazioni pubbliche (ad esempio gli organismi pagatori) si dotino di opportuni servizi di controllo interno .
Indipendentemente dal tipo di business che viene esercitato, tutte le aziende sono strutturate in processi che devono essere governati e gestiti in modo che generino il valore per cui sono stati progettati e implementati, garantendo, nel loro insieme, di raggiungere gli scopi aziendali.
A tal fine il servizio di Internal Auditing , inteso come attività di assurance e consulenza, punta proprio al miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza aziendale, attraverso la valutazione dei processi di gestione dei rischi, di controllo e di governance.
L’indipendenza come requisito fondamentale per la professione di Internal Auditor
Per svolgere queste attività in maniera professionale e per generare quel valore aggiunto richiesto, una caratteristica indispensabile è l’indipendenza, intesa come la libertà da condizionamenti che minaccino la capacità di adempiere senza pregiudizio alle proprie responsabilità.
Questa indipendenza si esplica sia in termini organizzativi, quindi con il diretto riporto funzionale al top management (senior management e board), che in termini individuali, in questo caso l’indipendenza è intesa come obiettività.
L’obiettività è l’attitudine mentale di imparzialità che consente agli internal auditor di svolgere i propri incarichi in un modo che consenta loro di credere nella validità del lavoro svolto e nell’assenza di compromessi sulla qualità, ovvero non subordinando il proprio giudizio a quello di altri .
Gli standard e le linee guida dell’Institute of Internal Auditor (IIA) affrontano il problema dell’obiettività e dell’indipendenza, non solo dal punto di vista della capacità individuale di svolgere i propri compi in modo corretto, ma anche dall’impressione che una tale situazione potrebbe suscitare.
Infatti, lo Standard di Connotazione 1120, che affronta proprio queste problematiche, indica che gli internal auditor nell’espletamento della propria attività, devono avere un atteggiamento imparziale e senza pregiudizi, evitando qualsiasi conflitto di interesse.
Il concetto di conflitto di interessi per l’IIA è quella situazione nella quale gli internal auditor, che godono di una posizione di fiducia, si trovano ad avere un interesse personale o professionale contrario agli interessi dell’organizzazione, rendendo impossibile o quantomeno difficile l’adempimento dei compiti di revisione con imparzialità.
Anche se la presenza di un conflitto d’interessi può non dar luogo a comportamenti non etici o impropri, la sua esistenza può comunque dare l’impressione di comportamenti scorretti, col risultato di compromettere la fiducia verso gli internal auditor, l’attività di internal audit e la professione in generale.
Proprio per non impattare l’organizzazione, la funzione di IA e la reputazione del singolo auditor, situazioni di conflitto di interesse, e quindi di possibile compromissione, vera o presunta, dell’indipendenza, dovrebbero essere evitate in ogni caso, ed eventuali ostacoli all’obiettività o di limitazione all’indipendenza dovrebbero essere gestiti a livello di singolo auditor e di incarico, nonché dal punto di vista funzionale ed organizzativo.
Prosegui la lettua alla pagina seguente