Sarà il mercato unico digitale il nuovo motore dell’economia europea, su cui punta tutto Jean-Claude Juncker. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi, il nuovo presidente della Commissione Europea dovrà abbattere le roccaforti nazionali nella regolamentazione delle telecomunicazioni, nella legislazione in materia di diritto d’autore, nella gestione delle onde radio, nell’applicazione del diritto della concorrenza, ma dovrà anche spingere per una rapida approvazione del regolamento europeo sulla protezione dei dati, indispensabile per fissare regole comuni per consentire la circolazione dei dati all’interno dell’Unione Europea senza ingessare le transazioni.
“Con la creazione di un mercato unico del digitale connesso possiamo generare in Europa una crescita aggiuntiva fino a 250 miliardi di euro nel corso del mandato della prossima Commissione – ha dichiarato Juncker –. Questo consentirà di creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro, in particolare per i giovani, e dare vita ad una società dinamica basata sulla conoscenza. L’Ue dovrebbe diventare leader nelle industrie creative, ma nel pieno rispetto della diversità culturale”.
Ci attende quindi una rivoluzione digitale con un mercato del lavoro senza frontiere all’interno dei 28 Paesi dell’Unione Europea, con figure come System Administrator, Ict Manager, e Privacy Officer, che vedranno una progressiva affermazione già dai prossimi mesi. Ma sarà richiesta anche una svolta culturale ai giovani professionisti per essere competitivi nella nuova dimensione del mercato del lavoro, a partire dalla conoscenza di almeno una seconda lingua, la disponibilità in molti casi a viaggiare, e soprattutto la determinazione ad acquisire nuove competenze.
“Nel mercato del lavoro digitale, non si troverà occupazione per concorso o tramite raccomandazioni vecchio stile – ha commentato il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi –. Per avere maggiori chances sarà necessario dimostrare di possedere effettivamente determinate capacità e competenze. Oggi le imprese vogliono sapere se il candidato è in grado o no di svolgere un certo ruolo, e le certificazioni professionali, come quella del Privacy Officer, consentono di dimostrarlo in modo oggettivo”.