Robot in grado di riconoscere le emozioni e interagire con l’uomo in modo empatico, questo il desiderio degli intervistati per la seconda edizione del rapporto “Retail Transformation 2.0” elaborato da Digital Transformation Institute e CFMT, in collaborazione con SWG. Rispetto allo scorso anno, infatti, aumenta dal 64 all’80% il bisogno di confrontarsi con macchine in grado di percepire ciò che provano la persone che hanno di fronte.
In aumento, però, anche il grado di scetticismo rispetto alla possibilità di sostituzione dell’uomo da parte delle macchine in alcuni lavori o attività quotidiane. Se è vero che la cura di figli, anziani ma anche animali domestici è considerata dagli intervistati prerogativa dell’uomo, è altrettanto vero che diminuisce, rispetto alla edizione 2018, il numero di persone che ritiene l’intelligenza artificiale migliore dell’essere umano nell’emettere giudizi e sentenze legali e nell’arbitrare una partita di calcio (-9%), nel comporre musica (-6%), nel presentare potenziali amici (-5%), ma anche nello scrivere articoli di giornale, selezionare personale, diagnosticare le malattie o guidare (-4%). Peggiora il grado di fiducia nelle macchine in prospettiva futura a dieci anni, con l’unica eccezione delle faccende domestiche che gli intervistati delegherebbero più volentieri dello scorso anno (+5%) a una AI.
Insieme alla diffidenza nei confronti dell’AI cresce anche la necessità da parte degli intervistati di differenziare gli assistenti virtuali dagli uomini (+10%) al fine di poterli riconoscere meglio, mentre cala di un 5% il numero di quelli che vedrebbero di buon occhio un umanoide. Anche in caso di assistenza da remoto, il 90% delle persone vorrebbe sapere se sta interagendo con una macchina piuttosto che con una persona.
Vita quotidiana e assistenti virtuali
I favorevoli ad assistenti virtuali dotati di AI, in grado di dare consigli nel momento in cui si fanno acquisti online o in negozio restano fermi a circa la metà (53%), come nell’edizione passata. Invariate anche le situazioni in cui si preferisce una macchina al posto di un umano per evitare situazioni imbarazzanti, o per avere una scontistica personalizzata. Persona vince su macchina nel comprendere i bisogni (47% uomo, 36% indifferente) e avere una piacevole esperienza d’acquisto (36% uomo, 44% indifferente). Variazioni significative rispetto al 2018, invece, si registrano nell’aumento di fiducia nei confronti delle macchine (+8%) per la tutela della privacy e la gestione dei dati personali.
A guadagnare punti fiducia rispetto all’anno scorso il settore alimentare, dove gli intervistati sarebbero maggiormente propensi a fare acquisti interagendo con un assistente virtuale dotato di intelligenza artificiale (+10%). In generale, rimane stabile la propensione degli utenti all’utilizzo dell’AI per l’acquisto di vestiti ed accessori, servizi telefonici ed elettrici e device tecnologici, mentre nessun miglioramento delle fiducia verso l’AI si registra negli investimenti di maggiore valore: immobili, finanza, auto. Il settore delle polizze assicurative perde il 5%: la presenza di un umano in fase di acquisto è ritenuta ancora più importante.
Guadagnano terreno in termini di fiducia nei confronti delle AI alcune attività quali: la sottoscrizione di una utenza domestica (telefonica, energetica, ecc.) parlando (al telefono o in videochiamata) con un operatore virtuale che dà le indicazioni sulle cose da fare e guida il procedimento (+4%); l’acquisto di una casa con una AI al posto del notaio che fa le verifiche di legge e redige l’atto con la stessa validità legale (+6%); la guida autonoma, considerata sicura dal 35% delle persone “perché il ricorso al computer per guidare le automobili diminuirà il numero di incidenti”.
Il commento di Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute
“I dati mostrano un sostanziale miglioramento nella consapevolezza degli italiani circa il ruolo dell’intelligenza artificiale nella società e nel business. Tuttavia, andandoli ad analizzare nei dettagli, si nota come ad aumentare sia soprattutto la consapevolezza del fatto che tali tecnologie sono molto potenti. Addirittura, per certi versi, in alcune fasce d’utenza c’è una percezione di portata dell’intelligenza artificiale superiore al reale, almeno nel breve e medio termine. Ciò dipende dal clamore mediatico e dallo spazio dato al tema dell’AI, ma guardando al feeling delle persone si percepisce un mix di entusiasmo e paura, il primo nelle fasce più digitalmente evolute, la seconda in tutti gli altri. Il problema centrale è che dobbiamo smettere di chiederci – come singoli, come aziende, come istituzioni – se l’intelligenza artificiale sia positiva o negativa, se faccia bene o male, se crei o distrugga posti di lavoro. Dovremmo invece interrogarci su quali sono i passi da compiere perché sia uno strumento utile a perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista sociale ed ambientale che economico”.