Industry 4.0 è un fenomeno dirompente e ormai esteso su scala globale che sta mettendo in discussione le strategie e i modelli di business delle aziende.
I progressi sempre più avanzati nel campo della robotica, dell’intelligenza artificiale e dell’Internet of Things (IoT) sono solo alcuni degli elementi caratteristici di un’evoluzione radicale dei sistemi digitali e fisici che sta trasformando in modo profondo e irreversibile il sistema industriale.
Ma le imprese e le istituzioni italiane sono pronte ad accogliere i cambiamenti e affrontare le sfide dell’Industry 4.0?
Se lo è chiesto Deloitte che, per fornire una risposta a queste domande, ha realizzato il report “Italia 4.0: siamo pronti?”.
Obiettivo: catturare la percezione dei dirigenti italiani sulla Quarta Rivoluzione Industriale e lo stato di avanzamento delle tecnologie 4.0 in Italia.
Per riuscirvi al meglio, la ricerca ha coinvolto più di 100 C-level executive ai vertici delle principali aziende italiane, e messo in luce un quadro ambivalente caratterizzato da un mix di fiducia e incertezza. Se da un lato il top management intervistato ha espresso un giudizio favorevole sul grado di preparazione nei confronti delle nuove tecnologie (8 intervistati su 10), dall’altro evidenzia l’assenza di una chiara visione su come trasformare i modelli di business. Solo il 32% afferma, infatti, di possedere un solido business case in grado di supportare lo sviluppo delle nuove soluzioni tecnologiche.
Industry 4.0 tra opportunità, rischi e incertezze
La necessità di adottare le nuove tecnologie 4.0 per mantenere un vantaggio competitivo anche in futuro rappresenta un aspetto cruciale per le imprese italiane (secondo il 32% degli intervistati), in particolare nei comparti Cloud (59%), Mobile (64%), Robotica (29%), dell’Internet of Things (14%) e Intelligenza Artificiale (3%).
Tuttavia, nonostante gli executive italiani si dimostrano più sensibili alla questione della trasformazione tecnologica, al tempo stesso appaiono anche più confusi e disorientati sulle conseguenze che essa comporta. In particolare, su questo punto emerge un notevole divario rispetto all’estero: solo il 5% dei dirigenti italiani si definisce in grado di prevedere i cambiamenti organizzativi indotti dalle nuove tecnologie, in contrasto con il 22% dei dirigenti internazionali.
Questo elevato livello di incertezza è alimentato dal fatto che le strategie attuali sono principalmente incentrate su attività operative e su una visione di breve periodo. Infatti, sebbene la necessità di una formazione dei talenti che sia aggiornata al contesto tecnologico, solo il 18% degli investimenti è destinato alla gestione delle risorse umane a fronte delle risorse destinate alle nuove tecnologie relative ai processi/operations (59%), alle attività a supporto ai clienti (54%), e alla produzione (38%).
Non c’è rivoluzione industriale se non si investe nelle risorse
Questo punto mette in luce un ulteriore contrasto rispetto al dato Global dove il 40% degli investimenti è destinato allo sviluppo delle risorse umane.
L’impatto dei mutamenti introdotti dall’Industria 4.0 non si limita però soltanto al piano economico ma avrà anche delle ripercussioni sulle risorse umane e sulle strutture organizzative. La stragrande maggioranza dei dirigenti (81%) concorda sul fatto che le competenze richieste ai dipendenti si evolveranno molto più rapidamente di quanto avvenuto finora. Tuttavia, soltanto il 49% degli intervistati considera questo aspetto tra le proprie priorità strategiche.
Mentre in Italia si avverte la necessità di una riforma profonda del sistema educativo e formativo, a livello internazionale il focus è maggiormente concentrato sule iniziative all’interno delle aziende stesse. Secondo il 79% degli intervistati bisognerebbe pensare ad una riforma completa del sistema di istruzione per allinearlo con le nuove esigenze poste dall’Industria 4.0, seguendo anzitutto il modello di Germania (73%) e Svezia (46%).