Di Paolo Arcagni, Systems Engineer Manager Italy&Malta di F5 Networks
Chiunque conosca la logica sa che esiste un’ampia gamma di fallacie, errori logici nascosti nel ragionamento o nell’argomentazione che alla fine portano a conclusioni non valide. La maggior parte delle persone ha probabilmente familiarità con l’argumentum ad hominem, una strategia con la quale ci si allontana dall’argomento della polemica contestando direttamente l’avversario.
Allo stesso modo, nei paesi di cultura anglosassone si parla della red herring (“aringa rossa”), che viene utilizzata nel tentativo intenzionale di confondere o distrarre l’interlocutore cambiando deliberatamente il soggetto per evitare di discutere del tutto la premessa originale, per esempio rispondere alla dichiarazione “Non è morale mentire” con “Che cosa significa morale?“
Un altro errore abbastanza comune, ma per qualche ragione raramente sottolineato, è quello del falso dilemma, in cui si assume che ci siano solo due opzioni disponibili.
L’esempio più comune è “O sei con noi, o sei contro di noi” oppure, citando Matrix, “Pillola azzurra, fine della storia. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio”. In realtà ci sono almeno altre due scelte: si può non prendere nessuna pillola o prenderle entrambe!
Lo stesso vale per l’IT e per la scelta tra hardware e software, che in realtà non è mai unica perché si può scegliere entrambi. E questo è esattamente ciò che la maggior parte dei professionisti IT ha fatto: adottare un mix di hardware e software. Si tratta di una decisione obbligatoria in parte dovuta alla continua biforcazione della rete così come alla biforcazione del data center, con alcune applicazioni che risiedono nel cloud in cui il software è un must e altre nel data center, dove sono disponibili hardware e software.
Nei fatti, la preferenza verso hardware o software è influenzata dal ruolo che un professionista IT riveste rispetto al data center. Lo abbiamo scoperto nel nostro report State of Application Delivery che ha rivelato come chi preferisce l’hardware è, in genere, una persona che dichiara di rivestire un ruolo nelle aree dedicate alla “rete” e alla “sicurezza”, in cui la scalabilità, la velocità e la sicurezza dei dati, delle applicazioni e persino dei sistemi stessi sono fondamentali per il successo del business ogni singolo momento.
Si scopre così che l’hardware, in alcuni casi, è effettivamente migliore dei suoi omologhi software. Così avviene per la sicurezza seguita dalle prestazioni e dalla scalabilità, perché l’hardware di solito è progettato specificamente per un determinato scopo. Ad esempio, le architetture switch (che sono molto diverse dalle architetture di computing a scopo generale) sono progettate per una velocità e scalabilità elevate. Ecco perché uno switch di classe enterprise e service-provider può elaborare 100 Gbps di traffico e il mio computer portatile non può.
L’hardware non fornisce solo risorse di calcolo, di storage e di rete. Certo, questo è un aspetto importante perché le risorse che servono a distribuire le applicazioni non appaiono magicamente nel data center ma, in qualche modo, provengono proprio dall’hardware. A volte si tratta anche di come l’hardware interagisce o gestisce tali risorse. Nella rete, un hardware appositamente costruito non è solo prezioso, ma indispensabile per garantire la velocità, la scalabilità e la sicurezza dei dati che stanno transitando. Senza di esso, si deve intraprendere un percorso tortuoso per raggiungere gli stessi risultati utilizzando mezzi architetturali. Scalare il software con il software non è una cosa impossibile; si fa tutti i giorni, ma il risultato è un ambiente meno stabile con molti più punti di possibile rottura.
Ora, forse pensate che mi sia lanciato in una campagna pro-hardware, ma attenti a non cadere nell’errore: la risposta al falso dilemma in questo caso non è “entrambi” perché esistono buone ragioni per preferire il software all’hardware, in particolare se guardiamo ai bisogni e alle esigenze delle applicazioni e alle metodologie emergenti improntate all’agilità e alla velocità, come i micro-servizi e i DevOps.
Se poi ci riferiamo al cloud, ovviamente, non bisogna nemmeno scegliere, il software è una scelta obbligata. Anche questo è apparso evidente nella nostra ricerca, in cui gli intervistati che hanno dichiarato di avere a che fare con le app, l’infrastruttura o il cloud/ DevOps hanno mostrato in modo significativo di preferire il software all’hardware. Questo perché il software è considerato più appropriato nel loro campo, focalizzato su applicazioni e servizi applicativi che devono essere agili, facili da distribuire e rispondere rapidamente ai cambiamenti nell’ambiente.
Indipendentemente dal ruolo, abbiamo però scoperto che la vera preferenza va al modello ibrido che comprende sia hardware che software. Il motivo è che c’è del valore sia nell’hardware sia nel software e si tratta veramente di capire che cosa si vuole raggiungere e dove realizzarlo.
Quindi non lasciate che qualcuno vi metta al bivio del falso dilemma “software o hardware”. Entrambi sono appropriati e ognuno presenta vantaggi e svantaggi a seconda dell’ambiente, dell’applicazione e dello scopo specifico per cui state cercando una soluzione. Come nel caso del cloud, non siamo davanti a un aut-aut ma a nuove opportunità da sfruttare nel modo corretto.