Un drone capace di iniettare software spia in pc e cellulari sfruttando le reti wi-fi: era questo l’obiettivo della collaborazione tra Hacking Team e Insitu, sussidiaria di Boeing specializzata in droni usati anche dalla marina militare USA, secondo quanto emerge da uno scambio di email tra i manager delle due società pubblicato in questi giorni su WikiLeaks. Giuseppe Venneri di Insitu avrebbe contattato Emad Shehada di Hacking Team il 6 aprile scorso scrivendo di “vedere un potenziale nell’integrazione della capacità di hackeraggio via wi-fi in un sistema aereo”.
Le trattative però si sarebbero arenate nei mesi seguenti per la mancanza di un’intesa relativamente agli accordi di non divulgazione aziendale.
Intanto, il nome di Hacking Team aleggia anche sulla morte di un addetto alla cyber sicurezza della National Intelligence Service (NIS), l’agenzia di spionaggio sudcoreana. Ad essere trovato morto sabato scorso nella sua auto, vicino a Seoul, è il 46enne Lim, e per ora il caso è stato archiviato come “suicidio”. A destare l’attenzione però è stato il ritrovamento vicino al corpo, da parte della polizia locale, di un biglietto dove la vittima nega che il suo team si sia mai servito di spy software per spiare cittadini e politici.
La scorsa settimana il NIS aveva ammesso di aver comprato software da Hacking Team nel 2012, ma per smarcarsi dalle accuse di averlo impiegato per intercettare le comunicazioni di “Kakao Talk”, il sistema di messaggistica stile Whatsapp usato da 35 milioni di persone nel Paese asiatico, nel periodo delle elezioni sudcoreane, l’organizzazione aveva dichiarato di averlo utilizzato solo per monitorare gli 007 della Corea del Nord e per attività di ricerca.
La stessa versione che Lim avrebbe scritto sui tre fogli trovati nell’auto insieme al suo corpo senza vita e a materiale bruciato.
L’ipotesi del suicidio però non convince le autorità, così come non convince anche la mossa di Lim di cancellare i dati delle operazioni effettuate con il software italiano.