Google; privacy; pedofilia. Filo conduttore tra questi soggetti, l’operazione di polizia culminata con l’arresto di un uomo americano per detenzione di immagini pedopornografiche.
Il colosso di Mountain View ha dato il suo contributo alle forze dell’ordine oltreoceano, segnalando la presenza di materiale illegale nella casella di posta elettronica Gmail del criminale e allertando il National Center for Missing and Exploited Children. Da qui, la questione ‘privacy’: l’operazione, sebbene abbia scongiurato il rischio di abusi sui minori e la diffusione delle fotografie, dimostra come i dati salvati online dagli utenti possano essere analizzati in qualsiasi momento.
La questione era già stata affrontata da Google nei mesi scorsi: “I nostri sistemi automatizzati analizzano i contenuti dell’utente (incluse le email) al fine di offrire funzionalità dei prodotti rilevanti a livello personale, come risultati di ricerca personalizzati, pubblicità su misura e rilevamento di spam e malware. Questa analisi si verifica nel momento in cui i contenuti vengono trasmessi, ricevuti e memorizzati”.
La domanda sorge spontanea: giusto provare sollievo per un’operazione di polizia portata a termine o preoccupazione per una palese forma di violazione della privacy?