E’ stata pubblicata in rete una lettera aperta a Renzi, firmata da alcuni esponenti italiani del settore noti a livello internazionale, dove vengono messi in discussione i criteri per la scelta di Marco Carrai alla guida della cybersicurezza nazionale.
Tra i firmatari troviamo nomi come Fabio Pietrosanti, co-creatore del Centro Hermes per la trasparenza e i diritti umani digitali; Andrea Barissani, amministratore delegato di Inverse Path; Pasquale Stirparo, senior security e incident response engineer delle aziende di Fortune 500, e Matteo Flora, founder di The Fool. La missiva è anche aperta ad altre eventuali sottoscrizioni.
Il testo non è assolutamente un attacco personale a Carrai, fedelissimo del premier, il cui nome non è nemmeno citato, tuttavia appare lampante la sua chiamata in causa. Ad essere messe sotto accusa sono le scelte di Renzi relative alla cybersicurezza, un ambito che è già e sta diventando sempre più importante per il Paese.
In questo contesto il ruolo di Carrai non è ancora stato definito con precisione. Si sa solo che si tratterebbe di un incarico di carattere consulenziale, mentre l’unica autorità politica preposta alla gestione dei servizi di sicurezza “è e sarà il senatore Marco Minniti”, come ha spiegato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi in risposta ad un’interrogazione parlamentare di Sinistra Italiana.
Gli esperti nella lettera hanno individuato tre criticità nella nomina. Innanzitutto ci sono dubbi sui criteri usati da Renzi nella selezione perché le particolarità di un settore così delicato richiederebbero “figure di comprovata capacità, in possesso di un’approfondita ed aggiornata comprensione dei problemi e degli scenari globali, nonché un curriculum adeguato sia in termini di formazione specifica che di esperienze”. In secondo luogo i firmatari della lettera esprimono il timore di vanificare o sminuire anni di lavoro da parte di persone ed enti che dal 2013, quando furono istituiti con il “Piano nazionale per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica”, stanno lavorando per mettere a punto e far funzionare “una macchina articolata”. Terza preoccupazione è il mancato coinvolgimento dei talenti italiani di respiro internazionale.
Nella lettera spuntano, infine, critiche alla somma di 150 milioni previsti nella legge di stabilità e stanziati dal governo per la cyber sicurezza.