Il recente annuncio della possibile integrazione dei servizi di messaggistica di Facebook, WhatsApp e Instagram ha mandato in fibrillazione gli esperti poiché, di fatto, tale operazione darebbe vita a un vero e proprio colosso nell’aggregazione dei dati. Ma qual è il nocciolo della questione? I dati, in sé, non hanno valore intrinseco e il loro futuro dipende solo dall’uso che ne facciamo. Spesso ci si concentra sul processo di raccolta dei big data rimandando la definizione di una strategia per un utilizzo efficace di tali dati al fine di ricavarne il massimo valore.
Contrariamente a ciò che si pensa, l’analisi dei dati e le intuizioni che ne derivano non bastano a ottimizzare l’attività di un’azienda, a potenziarne i flussi di lavoro, a stimolarne la produttività o a ridurne i tempi di gestione. Invece di un’analisi dei dati fine a sé stessa, è fondamentale stabilire a priori gli obiettivi di business per sfruttare al meglio le informazioni ricavate dai dati. I servizi di consulenza che Canon offre alle aziende partono proprio da questo importante presupposto strategico.
Ad esempio, UPS, società di trasporto pacchi e spedizioni internazionali, ha installato sui furgoni della propria flotta, strumenti telematici avanzati così da calcolare le distanze percorse, gli intervalli di inattività del motore e il consumo del carburante. Obiettivo di tali misurazioni era la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l’aumento dell’efficienza dei furgoni destinati alle consegne. Ed è proprio grazie a una migliore pianificazione del percorso e alla diminuzione degli intervalli di inattività, che è stato possibile ridurre le emissioni annue di anidride carbonica di 100.000 tonnellate. Inoltre, il numero di miglia percorse è sceso di 100 milioni[1], assicurando una minore usura del parco veicoli.
Purtroppo esempi simili non sono così frequenti come dovrebbero, soprattutto considerando la tecnologia che abbiamo a disposizione. Per Canon, da tempo impegnata ad affiancare le aziende nell’ottimizzazione dei processi aziendali, la mancanza di un orientamento strategico si sta già dimostrando una sfida di business significativa per molte organizzazioni e dirigenti IT. Secondo la Harvard Business Review, ad esempio, il 70% delle imprese considera prioritaria la creazione di una cultura aziendale fondata sui dati, ma solo il 40% riesce a realizzarla[2]. I risultati indicano quanto sia difficile mettere i dati al primo posto senza un’adeguata cultura interna.
British Airways è un esempio concreto di come l’analisi dei dati, se orientata all’azione, possa trasformare e rinnovare l’operato di un’azienda. In un sondaggio condotto dalla compagnia aerea, i passeggeri si sono definiti “persone impegnate” e hanno espresso grande irritazione nel ricevere offerte irrilevanti per loro. Nel giro di un anno, British Airways ha analizzato i dati sulla fedeltà e sul comportamento online e ha inaugurato “Know Me”, un programma fedeltà che offre pacchetti di vacanze e voli su misura. Il successo è stato incredibile, tanto che alcuni passeggeri hanno contattato la compagnia aerea congratulandosi con British Airways per aver compreso le loro necessità. [3]
Cogliere informazioni dai dati anche nelle aziende di dimensioni ridotte
La buona notizia è che questo tipo di approccio ai big data non è applicabile solo alle realtà più grandi: esistono infatti diverse piattaforme che possono essere collegate agli strumenti di raccolta dati esistenti per permettere alle aziende di agire prontamente sulla base della raccolta di informazione. ClearStory Data, ad esempio, è una soluzione che aiuta a confrontare i dati interni con le informazioni di dominio pubblico, così da identificare le debolezze dell’azienda e renderle punti di forza.[4] Questo approccio di tipo “action-first” fa sì che i piccoli insiemi di dati non siano un ostacolo. Le aziende possono ricorrere ad analisi e strumenti esterni[5], estrapolando dati da fonti diverse avvalendosi di un contesto di informazione ben più ampio.
Basti pensare a Google Trends, che consente di analizzare l’attività di ricerca su Internet, o a Microsoft Azure, che fornisce dati pubblici su qualsiasi tema, dall’agricoltura ai registri dei viaggi in taxi.[6] Gli effetti potrebbero essere di vasta portata. L’utilizzo di dati esterni permetterebbe alle aziende in crescita di fare previsioni sull’andamento del mercato o sul comportamento dei clienti, attivandosi in anticipo. Un esempio potrebbe essere un ristorante che a partire dalle tendenze stagionali ipotizza un menu mensile e promuove piatti specifici.[7] L’analisi dei dati, in questo caso, fa sì che le informazioni sulle preferenze alimentari dei consumatori siano applicate in modo efficace.
Per Canon la prossima fase nella rivoluzione dei big data è proprio questa: usare i dati interni ed esterni con un approccio “action-first” per permettere loro di ampliare l’insieme di dati disponibili, stabilire ciò che ne vogliono ottenere e in che modo. Utilizzare dunque le informazioni derivanti all’analisi dei dati fa sì che anche le aziende più piccole possano beneficiare del boom dei big data.
La mera analisi dei dati, per quanto interessante, non è certo il modo migliore per generare valore e dare impulso al business. I cambiamenti richiedono azioni concrete. Le imprese in possesso di dati, devono quindi prima di tutto stabilire ciò che vogliono ottenere: il futuro dell’analisi non dipende dalla quantità di informazioni disponibili, ma da come queste vengono utilizzate!
1 https://www.zdnet.com/article/big-data-case-study-how-ups-is-using-analytics-to-improve-performance/
2 https://www.itproportal.com/features/unlocking-the-potential-of-big-data/
3 https://www.digitaldoughnut.com/articles/2017/march/how-airlines-are-using-big-data
4 https://www.clearstorydata.com/
5 https://www.revelx.co/blog/how-external-data-can-help-grow-your-business/