Dal 25 luglio 2014 la certificazione della sicurezza delle firme digitali generate da dispositivi server diventa un concetto non più opinabile, ma verificabile a fronte di un ‘bollino blu’, che attesta che il dispositivo ha superato un processo di revisione e test molto rigoroso. Si avvicina, infatti, la data ultima per la certificazione dei dispositivi per la firma digitale (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del 10 ottobre 2012). Il termine sancisce i produttori di dispositivi in grado di fornire sistemi di firma elettronica conformi agli standard di sicurezza e garanzia previsti dalla direttiva europea.
Si tratta di uno degli aspetti più importanti della dematerializzazione – processo di cui il nostro Paese è un’apripista a livello europeo – che comporterà maggiore efficienza e un risparmio stimato di oltre 200 miliardi l’anno nelle casse dello Stato, oltre che un’armonizzazione degli standard internazionali, ed un abbattimento delle barriere del commercio.
“Ad oggi sono circa 600 miliardi i documenti legati ad attività di business potenzialmente dematerializzabili – ha spiegato Giovanni Manca, esperto di digitalizzazione documentale nelle Pa e sicurezza Ict –. La maggior parte di questi concerne proprio la possibilità di apportare una firma digitalmente. Basti pensare che il 48% dei documenti di processo viene stampato al solo scopo di aggiungere firme e il 60% dei dipendenti stampa i documenti nati in formato digitale per firmarli e scansionarli nuovamente. Oltre ai costi di questa fase (è stimato un risparmio di 5,2 euro per ogni documento vidimato con una firma elettronica), ciò che grava sulle organizzazioni sono i rallentamenti di processo: in media più di tre giorni per raccogliere firme fisiche”.
L’argomento verrà affrontato a Key4Paperless l’11 giugno a Roma c/o il Centro Congressi Cavour (via Cavour, 50 – Roma). L’evento durerà mezza giornata, con partecipazione gratuita previa iscrizione.