L’affermarsi di tecnologie in grado di fornire ai consumatori informazioni istantanee, servizi rapidi e interazione continua sta innescando profondi cambiamenti oltre che nella società anche nel modo di lavorare, e si appresta a scatenare una vera e propria rivoluzione aziendale nel momento in cui l’intelligenza artificiale entrerà più in profondità nei processi operativi e le prime generazioni digitali, i millennial, inizieranno a rappresentare la quota maggiore della forza lavoro. Ovvero nell’arco dei prossimi due o tre anni.
Nell’era digitale, le aziende devono essere capaci di innalzare il grado di collaborazione tra gli utenti non solo per migliorare le modalità di lavoro, ma anche e soprattutto per generare nuove opportunità per la creazione di valore. A trasformarsi deve quindi essere sia lo spazio di lavoro – fisico e virtuale nello stesso tempo – sia la forza lavoro – sempre più distribuita e connessa – sia appunto il modo di lavorare – più agile e automatizzato.
Entro il 2021, il 60% delle aziende Global 2000 adotterà quello che IDC definisce Future WorkSpace, ovvero un nuovo concetto di spazio di lavoro in grado di migliorare l’esperienza e la produttività dei dipendenti attraverso un ambiente fisico e virtuale più flessibile, intelligente e collaborativo. Lo spazio di lavoro futuro non sarà statico o a orari prestabiliti, ma sarà ovunque, in qualsiasi momento, su ogni device, mutuando l’inclinazione di millennial e nativi digitali.
Di base, il Future WorkSpace è un ambiente di lavoro aperto, flessibile e altamente connesso che permette all’utente di trarre vantaggio da mobilità, collaborazione remota e accesso sicuro a strumenti e dati, con semplicità e velocità, aumentandone soddisfazione e produttività. Anche l’intelligenza artificiale concorrerà a migliorare il livello di produttività: sebbene attualmente le tecnologie AI siano perlopiù utilizzate per ottimizzare il consumo di risorse sul posto di lavoro (luci, aria condizionata ecc.), nuovi strumenti intelligenti come risponditori predittivi, UI vocali o sistemi di videoconferenza automatizzati aiuteranno i dipendenti a diventare più produttivi nel giro di pochi anni.
La trasformazione dell’ambiente di lavoro, e della cultura del lavoro più in generale, costringerà le aziende a cambiare anche il modo di reclutare e misurare i propri dipendenti.
Come la tecnologia sta drasticamente trasformando il modo di lavorare, così andrà inevitabilmente a modificare le metriche utilizzate dalle risorse umane. Secondo IDC, entro il 2022 il 35% delle aziende sostituirà i tradizionali e datati KPI con i KBI (key behavioral indicator) per misurare la collaborazione, la comunicazione, la capacità di risolvere i problemi, i risultati e gli obiettivi del proprio personale. Le metriche legate alla produttività saranno quindi affiancate da metriche più moderne che una volta sarebbero state considerate pure “soft skill” (cioè non misurabili quindi meno importanti), ma che oggi sono ritenute essenziali per raggiungere quei livelli di produttività necessari per soddisfare le richieste dei clienti.
Le nuove tecnologie stanno quindi profondamente cambiando il concetto di lavoro. Di questo IDC parlerà nella prima edizione dell’IDC Future of Work Conference, che si volgerà a Milano il 26 febbraio prossimo.
Partendo dal framework creato da IDC per il Future of Work, verranno presentati casi studio e i risultati dell’indagine FoW 2019. Ospiti italiani porteranno la loro esperienza e insieme agli analisti di IDC Roberta Bigliani, Executive Lead di IDC Future of Work Practice per IDC Europe e Daniela Rao, Senior Director Research and Consulting di IDC Italia – illustreranno la trasformazione del lavoro in atto su tre livelli – workspace, workforce e workculture – analizzando le tecnologie per il nuovo modo di lavorare e spiegando come prepararsi ad affrontare un futuro sempre più automatizzato.