Il regolamento relativo alla disciplinamento della banca dati del DNA è in dirittura d’arrivo. Ad annunciarlo è stato il Ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha previsto entro la fine di quest’anno la concretizzazione del progetto, che finalmente segnerebbe l’effettivo adeguamento dell’Italia al trattato di Prum, sottoscritto nel 2005.
“Il lavoro che ci attende è la genotipizzazione, la raccolta del DNA, di circa 70.000 persone già condannate – ha scritto il Guardasigilli in una nota -. Una volta a regime, il sistema consentirà quanto viene già fatto in gran parte dei Paesi europei: confrontare le tracce biologiche sulla scena di un reato con i profili dei pregiudicati”.
Un aiuto non indifferente nella lotta contro il crimine, di cui potremmo godere da qui a pochi mesi. Il collaudo del Laboratorio centrale è in via di ultimazione, con riguardo al relativo materiale informatico e al modulo di comunicazione tra il sistema informativo del DAP e quello del Ministero dell’interno. “Dopo l’immissione degli allievi nel Laboratorio, per la formazione sul campo, e dopo il collaudo, si potrà procedere all’accreditamento del Laboratorio, necessario per passare alla fase di raccolta e conservazione dei profili genetici – spiega il Ministro nella nota inviata al convegno Banca dati del DNA: soluzioni della scienza contro il crimine -. Si tenga conto che i singoli Istituti penitenziari sono già dotati delle cosiddette “stanze bianche” fornite dei kit necessari per le operazioni di prelievo del DNA nei confronti dei detenuti. Credo che il secondo semestre del 2015 potrà vedere l’avvio concreto di operatività di Banca dati e Laboratorio, dotando così la polizia giudiziaria e la magistratura di un nuovo, efficace mezzo di conduzione delle indagini e lotta alla criminalità”.
Il ritardo dell’Italia ci permette di adeguare i nostri standard legislativi ai livelli più alti. L’analisi del DNA delle persone, ad esempio, nel nostro Paese non lo fa l’organo inquirente ma il ministero della Giustizia, mentre la polizia penitenziaria ricopre un ruolo tecnico, una garanzia di rispetto e tutela, un doppio passaggio che è previsto solo dalla nostra legge. “Dal punto di vista delle procedure il nostro paese rappresenta un’eccezione di garanzia: il campione non ha nome e cognome, l’anagrafica è solo nella banca dati delle impronte, l’identificazione del soggetto avviene solo dopo concordanza – spiega Renato Biondo, Ministro dell’Interno e Banca dati del DNA -. Solo dopo l’avvenuto match si può risalire alla persona con un livello di sicurezza molto alto’’.
Se la notizia è positiva, non mancano però le paure. C’è infatti chi teme che con l’entrata in vigore a pieno regime della Banca Dati del DNA si venga a istituire una sorta di Grande Fratello genetico che potrebbe avere uno scopo di controllo e prevenzione totale.
Questo pericolo viene però ridimensionato dal Ministro Orlando, che spiega, che l’ambito applicativo della legge del 2009 prevede la raccolta del DNA nei confronti di autori o presunti autori di reati, ma non di tutti, e in aggiunta nei confronti di un numero circoscritto di persone offese o potenzialmente offese da reati, come persone scomparse, persone decedute non identificate o non identificabili. Quanto agli autori o presunti autori di reati, ad essere raccolto sarà solo il materiale biologico di tre categorie di soggetti: i condannati in via definitiva per un reato non colposo, che siano detenuti, o internati, o sottoposti a misura di sicurezza detentiva, o a pena alternativa alla detenzione; gli arrestati in flagranza di reato, o sottoposti a fermo; i sottoposti a custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari. Svariate tipologie di reati sono sottratte alle previsioni. “Il prelievo – spiega il Ministro – è consentito solo per i reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza, per tipologia o entità della pena. Il prelievo del DNA non è consentito per i reati previsti dalla legge fallimentare, dal codice civile (reati societari), per i reati tributari e finanziari, per alcuni falsi minori, per i delitti previsti dal codice penale contro industria, economia e commercio, verosimilmente perché ai fini della prova di tali reati l’indagine genetica non è di particolare ausilio. Per converso, ad esempio, l’inasprimento del trattamento sanzionatorio per i delitti contro la pubblica amministrazione, ad opera della legge Severino, consentendo quasi sempre l’arresto in flagranza per tali reati, consente anche il prelievo genetico”.
La prova scientifica quindi potrebbe essere la soluzione da tanto tempo cercata per risolvere casi prima insolvibili, ma certamente non rappresenta la panacea per la soluzione di tutti i crimini insoluti: l’analisi scientifica va sempre e comunque integrata con i metodi di indagine tradizionali.