Guerra 2.0: operazioni di hacking capaci di mettere un paese in ginocchio. Se, dunque, le conseguenze della cyberguerra non si discostano poi così tanto da quelle di un conflitto “a fuoco”, anche le pene per gli attaccanti informatici dovrebbero essere livellate a quelle dei responsabili di conflitti, per così dire, “reali”. A questa conclusione sono giunti i leader dei Paesi Nato, che potrebbero modificare i meccanismi dell’organizzazione del Patto Atlantico. Secondo il New York Times, infatti, nel corso del vertice in programma il 4 e 5 settembre vicino Cardiff, in Galles, si potrebbe dare vita ad un rimescolamento delle carte in gioco, integrando quanto previsto dall’articolo 5 del trattato fondativo firmato a Washington il 4 aprile 1949: un cyberattacco sferrato verso uno qualsiasi dei 28 Stati membri dell’Alleleanza corrisponderà d’ora in poi ad un’azione rivolta contro tutta l’organizzazione, e procurerà una reazione individuale o collettiva per assistere “la parte o le parti attaccate”. Come se si trattasse di una vera e propria invasione armata.
La notizia giunge a pochi giorni di distanza dall’attacco informatico sferrato ai danni di alcuni grandi istituti di credito americani come JpMorgan per mano russa. Chiaro, dunque, il messaggio lanciato dalla North Atlantic Treaty Organization al Cremlino.