Utilizzando i dati generati dall’Economic Graph, LinkedIn ha delineato nuovi spunti basati su dati oggettivi sulle dinamiche che connettono l’emergere delle IA e il mercato del lavoro. Il nuovo report dedicato alle ultime tendenze relative ai talenti operanti nell’ambito delle Intelligenze Artificiali in Europa e in Italia, dimostrano quanto le giuste politiche da adottare in questo settore possono cambiare in positivo lo scenario attuale.
Il presente rapporto prende in esame la distribuzione e la concentrazione relativa ai talenti e alle competenze legate alle IA negli stati membri dell’UE, in diversi territori e contesti demografici. Con talento nell’ambito delle IA si intendono gli individui che hanno competenze sia nell’ambito del calcolo statistico sia di analisi dei big data, entrambe necessarie per costruire ed eseguire gli algoritmi che alimentano le tecnologie di IA.
Il Vecchio Continente rincorre gli Stati Uniti
L’analisi prodotta da LinkedIn rivela che i talenti attivi nell’ambito delle Intelligenze artificiali sono distribuiti in maniera disomogenea, sia a livello geografico che a livello demografico. Ad esempio, analizzando alcuni tra i dati principali, emerge che solo tre paesi in Europa ospitano da soli la metà di tutti i professionisti che operano nel settore delle IA, ovvero Regno Unito (24%), Germania (14%) e Francia (12%). Altri paesi che attraggono un buon numero di talenti in questo ambito, sono Irlanda, Finlandia, Cipro, Lussemburgo, Svezia e Paesi Bassi. La ricerca rivela, inoltre, che l’Europa è in evidente ritardo rispetto agli Stati Uniti. Gli USA assumono il doppio delle persone qualificate per le AI rispetto ai Paesi membri dell’Unione Europea, nonostante la forza lavoro totale sia solo la metà di quella europe.
Prendendo in esame il talento nell’ambito delle IA da un punto di vista industriale, vediamo che due terzi delle persone con competenze in materia di IA lavorano nel settore tecnologico (ICT) o in ambito accademico. Le conoscenze e le tecnologie legate all’intelligenza artificiale non sono ancora diffuse in molti segmenti dell’economia europea – vediamo che altri settori sono sottorappresentati quando si tratta di talenti IA. Inoltre, è emerso anche che la distribuzione del talento nell’abito delle Intelligenze Artificiali risulta disomogenea anche a seconda del sesso, del livello d’istruzione e demografico.
Una precisa richiesta ai responsabili politici
Con il fine di trasformare l’Unione Europea in un’area leader nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale, e allo stesso tempo con l’obiettivo di rendere più equilibrata la distribuzione dei talenti del settore in tutti gli ambiti socioeconomici e geografici, i responsabili politici hanno oggi il dovere di agire per rendere più stabili e “nutrire” gli ecosistemi di Intelligenza Artificiale in Europa.
Infatti, gli ecosistemi industriali dell’IA favorirebbero una maggiore diffusione nell’ambito della ricerca teorica e applicata, contribuirebbero alla diffusione delle competenze in materia di IA nei vari programmi di studio e a diversi livelli di istruzione. Monitorando le modalità di acquisizione delle competenze in materia di intelligenza artificiale in tutta l’UE, e gestendo in maniera idonea la definizione di parametri di riferimento tra i Paesi, si potrebbe contribuire anche a determinare se le attuali disparità possono essere collegate alle politiche comunitarie esistenti – o all’assenza di tali politiche. Senza questo tipo di approccio, l’intelligenza artificiale potrebbe diventare un nuovo fattore di disuguaglianza in Europa, il che rischia di compromettere i principi chiave del progetto europeo.
Il caso particolare di Italia e Spagna
Contrariamente a quello che si nota in USA – dove il mercato del lavoro legato alle Intelligenze Artificiali è dominato dalle grandi aziende tecnologiche, dalle aziende “digital native” e le startup, la maggior parte delle aziende che impiegano i talenti dell’intelligenza artificiale nell’UE sono aziende grandi e consolidate che hanno già operato investimenti nella loro trasformazione digitale.
Comunque, tendenzialmente in tutta Europa, i principali datori di lavoro nell’ambito delle Intelligenze Artificiali sono legati al mondo accademico e ai centri di ricerca – soprattutto nei Paesi in cui la concentrazione geografica di talenti rispetto al resto della popolazione attiva risulta più bassa. In questo contesto, l’Italia e la Spagna riflettono maggiormente questa realtà, ciò a dimostrazione del fatto che in questi Paesi le IA non si sono ancora diffuse realmente nel settore privato a differenza, ad esempio, del Regno Unito, dove risiedono gli uffici centrali in Europa di diverse multinazionali della settore tecnologico. Un’analisi più approfondita degli ostacoli all’adozione delle IA da parte del settore privato potrebbe aiutare a far luce su possibili interventi al riguardo, che si tratti di politiche economiche e incentivi o di programmi di istruzione e formazione.
Le figure femminili nel campo delle Intelligenze Artificiali. Italia in controtendenza
La ricerca di LinkedIn (sviluppata in collaborazione con il World Economic Forum) rivela che il pool di talenti nell’ambito delle Intelligenze Artificiali è soggetto al cosiddetto gender gap, al pari delle altre discipline STEM. Solo il 16% di tutti i lavoratori attivi nel campo delle IA in Europa sono donne. Ciò è paragonabile agli Stati Uniti, dove meno del 20% dei lavoratori IA sono donne. E, nonostante alcune variazioni in Europa, la percentuale di donne nella forza lavoro IA non supera mai il 30% in nessuno Stato membro dell’UE. Questa constatazione vale senza alcun riferimento significativo alla partecipazione femminile all’interno del mercato del lavoro. Ad eccezione della Finlandia, il numero di donne nell’IA non è quantitativamente più elevata nei Paesi con un alto livello di partecipazione femminile al mercato del lavoro (ad esempio, nei Paesi Nordici o in Germania). È interessante notare che alcuni Paesi con una minore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro hanno una presenza relativamente forte di donne nella forza lavoro IA. In Italia, Romania e Croazia, vediamo circa il 25% delle donne nel settore dell’IA, nonostante il tasso di occupazione femminile sia rispettivamente del 52,5%, 60,2% e 58,3% nel 2017 (fonte: International Labour Organization, ILOSTAT).
L’Italia ha il più basso tasso di partecipazione femminile nella forza lavoro dell’UE, per cui ci si aspettava che il divario di genere nell’IA fosse uno dei maggiori. I dati LinkedIn mostrano, invece, che in realtà si tratta di uno dei divari più marginali, subito dopo Lettonia e Finlandia. Una possibile spiegazione fornita dalla letteratura relativa alle donne nel settore STEM, è che dei role model molto forti stanno giocando un ruolo chiave nel nostro paese, per l’aumento della partecipazione delle donne nell’ambito delle discipline scientifiche. A tal proposito, ci sono numerosi di modelli italiani femminili degni di nota, fra i primi a sperimentare la ricerca sull’IA.