A cura di Radhesh Balakrishnan, General Manager, OpenStack, Red Hat
OpenStack è maturato ed è ormai la piattaforma open infrastructure prescelta nel mondo business, fatto sottolineato da importanti implementazioni di note organizzazioni come Verizon, BBVA e NASA Jet Propulsion Laboratory, così come da una costante crescita della comunità di contributori. Quale, quindi, il futuro?
Anche se è molto bello vedere il successo di OpenStack in azienda, la comunità non riposa sugli allori. I container sono un target primario sul quale la comunità e l’ecosistema OpenStack devono focalizzarsi. Tecnologia di application packaging che assicura maggiori flessibilità e portabilità dei carichi di lavoro, il supporto per le applicazioni containerizzate sarà fondamentale per il futuro di OpenStack, in particolare nel momento in cui l’interesse delle aziende si concentrerà sull’intersezione tra Linux container e OpenStack.
Il successo dei container non può essere ignorato. Uno studio condotto da 451 Research stima che i container rappresenteranno un mercato da $2,7 miliardi entro il 2020, svolgendo un ruolo chiave nelle tecnologie cloud per il futuro. Vengono già utilizzati per risolvere problemi di business reali e portare valore a un elevato numero di industrie. Riteniamo siano quattro i driver principali per l’implementazione dei container: per far girare meglio le app; per realizzare app migliori (in particolare usando i microservizi); per potenziare l’infrastruttura e sfruttare il cloud ibrido; e per realizzare la trasformazione di business su larga scala.
A un certo punto i container saranno universalmente portabili. Oggi ancora non lo sono, ma affinché lo diventino, ci deve essere una piattaforma applicativa di delivery integrata basata su standard aperti che offra un’esecuzione coerente in diversi ambienti. I container si basano sul sistema operativo host e i suoi servizi per attività di compute, rete, storage e gestione, su hardware fisico, hypervisor, private e public cloud. L’ecosistema è la chiave, ci deve essere uno standard di mercato per formato immagine, runtime e distribuzione perché la portabilità universale si realizzi.
Questa esigenza è già stata identificata e riconosciuta da entità nate per definire e far evolvere questi standard come l’Open Container Initiative e la Cloud Native Computing Foundation.
I servizi OpenStack — come Neutron per il networking e Cinder per lo storage a blocchi – possono già essere astratti e resi disponibili attraverso piattaforme container e Kubernetes. La tecnologia container permette di utilizzare le risorse sottostanti per implementare, aggiornare e scalare il control plane OpenStack in modo efficace. Anche se questo è fondamentale a mano a mano che l’infrastruttura container-based cresce, non è importante come la seconda esigenza: utilizzare i container stessi come OpenStack “tenant”.
Mentre le applicazioni containerizzate sono, in fin dei conti, applicazioni, hanno esigenze diverse rispetto alle tradizionali applicazioni cloud virtuali machine-based che di solito si trovano su cloud OpenStack.
Per rendere OpenStack più container friendly, bisogna esporre maggiormente ciò che sta alla base di OpenStack – gli elementi di networking, storage e management che ne costituiscono l’architettura – alle tecnologie container, di modo che il valore dell’ecosistema OpenStack aumenti senza alcuna “tassa”. Inoltre, i servizi OpenStack, come ad esempio Keystone per l’autenticazione o Cinder Block Storage per offrire storage persistente per applicazioni stateful, possono essere sfruttati da applicazioni container based senza problemi.
Come la storia ha già avuto modo di dimostrare, il valore più importante per i clienti è quello di offrire protezione degli investimenti e business continuity. Focalizzandosi sull’integrazione dei mondi container e OpenStack, la comunità può portarci a uno strato di gestione open infrastructure unico che abbraccia gli ambienti fisici, virtuali e container avvicinandoci alla vision di un cloud ibrido aperto.