Dopo le indiscrezioni che avevano già rivelato come sia il primo ministro francese Hollande che la cancelliera tedesca Angela Merkel fossero finiti nel mirino dell’NSA, la National Security Agency americana, ora tocca all’italiano Silvio Berlusconi, i cui telefoni personali – e dei suoi più stretti collaboratori – furono intercettati nelle varie fasi che portarono alla crisi di governo nel 2011, aprendo la strada all’esecutivo non eletto di Mario Monti. A rivelarlo, ancora una volta, Wikileaks, i cui cablo riportano frasi dettagliate dei protagonisti di quelle intercettazioni, che forniscono nuovi spunti interpretativi a uno dei momenti più delicati della storia italiana degli ultimi decenni.
Renzi chiede chiarezza
Sono arrivate, intanto, le prime reazioni, a cominciare da quella dell’attuale premier Matteo Renzi, che commentano il caso ha assicurato che l’Italia “si accinge a chiedere informazioni in tutte le sedi, anche con passi formali”. La Farnesina ha invece già convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti d’America John Phillips per avere delucidazioni in merito alla questione.
Le reazioni dei fedelissimi dell’ex premier
Il difensore di Silvio Berlusconi Niccolò Ghedini afferma che si sta valutando la situazione: “Siamo pronti ad effettuare una serie di verifiche. Valuteremo poi il da farsi e potremmo arrivare anche a presentare una denuncia”.
La nascita di una commissione d’inchiesta viene invece reclamata a gran voce da Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, che ha anche auspicato che il governo, “possibilmente nella persona di Renzi”, vada al più presto a riferire in Parlamento.
Schulz: un fatto gravissimo
“Non è giusto che Paesi alleati si intercettino a vicenda. Se è vero, e io credo che lo sia, che i servizi segreti americani hanno ascoltato leader europei come Merkel, Sarkozy e Berlusconi è un fatto molto grave. Le conversazioni dei leader europei rappresentano un rischio per la sicurezza americana? È ridicolo sostenerlo. L’Europa dovrebbe rispondere in maniera diversa agli americani, perché poi non ci si può meravigliare se gli Stati europei restano scettici davanti all’idea di condividere dei dati sensibili con l’intelligence americana” ha detto il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz.
La replica degli Stati Uniti
“Come abbiamo detto in precedenza, non conduciamo alcuna attività di sorveglianza d’intelligence all’estero se non per motivi validi e specifici di sicurezza nazionale” afferma Mark Toner, vice portavoce del dipartimento di Stato. Secondo Toner, quella regola “vale per cittadini ordinari e leader mondiali”. Secondo Toner, il presidente americano Barack Obama “ha chiarito che, a meno che ci sia un motivo convincente di sicurezza nazionale, non monitoreremo le comunicazioni di capi di Stato e di governo dei nostri amici e alleati stretti”.