Ormai gli addetti ai lavori concordano: sebbene nel 2018 nessun attacco abbia assunto dimensioni tali da destare l’interesse dei mass-media è innegabile che nello scorso anno siano stati diffusi numerosi nuovi malware.
Parliamo di attacchi che, seppur sofisticati, per il team di Intelligence di Stormshield non hanno scalzato il buon vecchio ransomware, di cui sentiremo ancora parlare.
Niente WannaCry o simili nel 2018, che ha tuttavia visto emergere attacchi malware sempre più sofisticati. Tra questi ad esempio Slingshot, ad oggi il più avanzato, definito “un capolavoro” dagli esperti di Kaspersky Lab. Sfruttando due moduli, GollumApp e Cahnadr, il malware Slingshot prende il controllo integrale della macchina infetta e svolge molteplici funzioni: recupera qualunque tipo di dato, cattura immagini dello schermo, traccia qualsiasi input dato tramite tastiera. Difficile da rilevare, si adatta persino alle soluzioni di sicurezza installate sul sistema con strategie di “anti-debugging”. Questo malware non colpisce solo siti web, ma annovera tra i propri obiettivi anche computer collegati ai router MikroTik.
Svolta decisiva per il cryptojacking
Fatta eccezione per Slighshot, la crescita esponenziale del malware è dovuta alla proliferazione di strumenti per minare criptovalute in modo abusivo (cryptojacking) sfruttando le risorse della CPU di macchine infette, come Coinhive e Crytoloot. Secondo il report di Skybox, questo genere di minacce ha rappresentato il 31% degli attacchi nei primi sei mesi del 2018, rispetto al 7% negli ultimi sei mesi del 2017. Una tecnica apprezzata dai cybercriminali meno esperti, poiché meno rischiosa e più remunerativa. I malware progettati a tale scopo prendono illecitamente il controllo degli onerosi processi di calcolo matematico sviluppati sia per generare criptovalute sia per verificare, autenticare e convalidare le transazioni effettuate con queste valute.
I rischi del social hacking
Altra minaccia in piena crescita è la frode ai danni degli utenti dei social network. Secondo Proofpoint ad esempio l’uso di tecniche di ingegneria sociale e di manipolazione delle informazioni allo scopo di trarre in inganno gli internauti sarebbe cresciuto del 485% nel terzo trimestre del 2018 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I dati sensibili delle aziende sono particolarmente esposti a questo tipo di minaccia poiché ogni impiegato è un possibile bersaglio per i social hacker.
Come sottolineato in una nota ufficiale da Stéphane Prévost, Product Marketing Manager di Stormshield: «I cybercriminali trascorrono sempre più tempo a indagare sugli interessi delle persone che lavorano per aziende specifiche, così da poter inviar loro e-mail personalizzate e, di conseguenza, entrare nella rete aziendale per carpire quanti più dati possibile».
Botnet multifunzione
Un’ultima rilevante particolarità da segnalare per il 2018 è rappresentata dalla crescita di botnet multifunzione, sufficientemente versatili per poter eseguire qualsiasi compito. Queste reti di computer infetti sono controllate da cybercriminali e utilizzate per diffondere malware e facilitare attacchi spam o i denial-of-service (DDoS). Il volume di RAT (remote access trojans) come Njrat, DarComet e Nanocore risulta raddoppiato nel 2018:
La vera minaccia rimane il ransomware
Tutti questi “nuovi” attacchi non devono farci perdere di vista il caro vecchio ransomware, più pericoloso che mai. SamSam, una famiglia di ransomware attiva dal 2015, è ritenuta responsabile di una serie di attacchi di alto profilo, come quello perpetrato alla città di Atlanta in marzo. In questo ambito, i cybercriminali non mancano certo di inventiva, come dimostrato dai ransomware Gandcrap e DataKeeper con i loro aggiornamenti quotidiani.
In definitiva, dunque, i ransomware tradizionali (che cifrano i dati) rimangono di gran lunga la minaccia più rilevante per le piccole e medie imprese.