Creatività e innovazione come leve strategiche per ripartire: questo il tema del sondaggio condotto da Wobi su un campione di circa 3.500 manager di aziende italiane in occasione della decima edizione del World Business Forum.
L’indagine fotografa uno scenario italiano che riconosce l’importanza dell’innovazione ma vede molti ostacoli alla sua concreta realizzazione: principalmente la legislazione e la burocrazia (44,7%), seguite a stretto giro dall’approccio dei manager poco focalizzato ad innovare (40,4%).
Uno dei dati più interessanti è che solo per il 12,7% dei manager le aziende italiane sono molto innovative mentre il 42,3% ritiene che lo siano poco e il 45,1% pensa lo siano abbastanza.
La capacità di innovare, però, è considerata il fattore strategico più importante perché le imprese possano sopravvivere alla crisi (lo pensa infatti il 23,2% dei manager). Tra gli elementi fondamentali per rendere competitive le imprese, al secondo posto gli intervistati hanno indicato l’importanza di una tassazione meno influente (15,6%), seguita dalla formazione di respiro internazionale (15,2%), da una legislazione più flessibile (13,8%) e dall’opportunità di aprirsi ai mercati internazionali (12,5%).
Tra i fattori che potrebbero agevolare creatività e innovazione spicca l’approccio dei manager (per il 49,6% degli intervistati), mentre in secondo ordine troviamo quello dei dipendenti (26,5%), seguiti dalla legislazione e dalla burocrazia (13,2%) e, all’ultimo posto, dalle caratteristiche del territorio italiano (0,9%).
Per aumentare creatività e innovazione all’interno delle proprie aziende è la formazione lo strumento a cui i manager ricorrono maggiormente (29,4%), seguita dal networking (22,9%), dal benchmarking (21,6%), dai social media (13,1%) e dalle partnership con altre organizzazioni (11,1%).
I settori italiani percepiti come più creativi e innovativi sono arredamento e design (28,4%), moda e abbigliamento (25,7%), food and beverage (16,4%), tecnologia e computing (11,5%), l’area dei servizi alle imprese e il commercio (entrambi al 4,4%) e i settori della produzione di beni durevoli e dell’industria chimica e farmaceutica (3,3% per entrambi). Agli ultimi posti troviamo turismo (1,6%) e banche e servizi finanziari (1,1%).
Ma quanto investono in innovazione le imprese italiane? Tra le aziende dei manager intervistati, il 38% investe fino al 2% del fatturato, un 21% investe dal 2 al 5% del proprio fatturato e un altro 21% dedica all’innovazione una percentuale compresa tra il 5 e il 10% del fatturato. L’11,3% ne destina, invece, oltre il 10% mentre un ulteriore 8,5% delle aziende non fa nessun investimento in innovazione.
In termini di innovazione cosa hanno fatto le aziende italiane negli ultimi anni? Il 24,7% delle aziende dei manager intervistati ha migliorato prodotti e servizi esistenti, il 22,4% ha lanciato nuovi prodotti e servizi e un’analoga percentuale ha modificato i propri processi (interni ed esterni), il 15,3% ha innovato la modalità e i canali di vendita e un’analoga percentuale ha innovato in ambito Crm.
Per favorire la creatività e l’innovazione l’accesso alle tecnologie digitali è fondamentale (lo pensa il 50,7% dei manager); il 32,4%, degli intervistati considera il digitale molto importante, il 15,5% abbastanza importante e solo l’1,4% ritiene che sia poco importante.
Sono le start-up, proprio per il loro essere nuove sul mercato, le organizzazioni più propense ad essere innovative e creative (lo ritiene il 49,3% degli intervistati), seguite dalle imprese giovani (40,8%); solo il 9,9% pensa che le imprese con una lunga storia alle spalle siano maggiormente pronte a innovare e innovarsi. Queste ultime, però, sono più facilitate nello sviluppo del proprio business al livello internazionale (52,1%).
I Paesi più innovativi e creativi da un punto di vista imprenditoriale sono – sempre secondo i manager intervistati – gli Usa (24,3%), la Corea (12,4%) e il Giappone (10,8%). Seguono poi Cina e Brasile (entrambi secondo l’8,1% dei manager), India (7,6%) e Germania (7,0%). Solo all’ottavo posto troviamo l’Italia (innovativa per il 6,5% dei manager) seguita da Inghilterra (5,9%), Est-Europa (2,7%). Agli ultimi due posti troviamo la Francia e la Russia, entrambe citate dal 2,2% dei manager.
La fascia di età più creativa in ambito lavorativo è ritenuta essere quella dai 30 ai 40 anni (per il 76,1%dei manager), seguita dalla fascia dei 20-30 anni (16,9%), dei 40-50enni (5,6%) e dei 50-55enni (1,4%)
Secondo i manager intervistati, le aziende italiane sono capaci di creare partnership più a livello locale (38%) o internazionale (26,8%) piuttosto che a livello nazionale (16,9%). Il 18,3% degli intervistati ritiene, invece, che le imprese italiane non siano affatto capaci di creare collaborazioni.