Ed Macosky (nella foto), SVP of Product & Solutions di Boomi, dettaglia i primi due trend che, secondo la società, caratterizzeranno il mercato nei prossimi 12 mesi.
- Idee a lungo termine. Nel 2020 le aziende non abbracceranno più le nuove tecnologie del momento senza valutarne attentamente il ROI.
Negli ultimi anni, le aziende si sono affrettate a inseguire le ultime tendenze tecnologiche nel frenetico tentativo di modernizzare la propria infrastruttura, rinunciando alle valutazioni del ritorno dell’investimento a lungo termine. L’anno scorso sono stati spesi 1,3 trilioni di dollari per la trasformazione digitale, ma si stima che il 70% di questi investimenti sia andato sprecato. Spostare ogni applicazione e set di dati nel cloud o applicare il serverless computing a ogni carico di lavoro non è sempre la mossa migliore, e prevedo che nel 2020 vedremo le aziende finalmente recepire le lezioni che l’eccessiva fretta ha loro insegnato.
Economicamente, non è responsabile introdurre ogni ultima tendenza tecnologica; nessuna di esse rappresenta la soluzione alla trasformazione digitale. Le aziende svilupperanno una visione più strategica, personalizzando i piani in base ai propri obiettivi e alla cultura aziendale e dando valore alle idee a lungo termine.
- Le strategie di trasformazione digitale per il cloud faranno dietro-front, ripiegando verso un ambiente IT ibrido
Le aziende che negli scorsi anni si sono affrettate a spostare tutti i propri processi aziendali nel cloud, oggi lo stanno trovando più costoso o ingombrante del previsto. Nel corso del prossimo anno, vedremo molte aziende tornare al modello ibrido. Nonostante i recenti passi da gigante compiuti, il cloud computing non è ancora in grado di fare tutto ciò che può fare l’on-premise, creando punti di rottura tra i diversi ambienti.
Secondo Steve Wood (nella foto), Chief Product Officer di Boomi, altri tre trend si stagliano all’orizzonte del 2020.
- L’iPaaS verrà sostituito dalla data unification platform: il futuro dell’integrazione dei dati è già qui.
Il termine iPaaS (integration platform as a service) è nato quando abbiamo annunciato AtomSphere nel 2008. Da allora lo scenario è esternamente cambiato e prevendo che nel prossimo anno assisteremo a un cambiamento ancor più significativo in quest’area, con un mercato che si consolida e tool che diventeranno commodity. Gartner prevede che, entro il 2023, circa due terzi dei fornitori di iPaaS esistenti si fonderanno, saranno acquisiti o usciranno dal mercato. Entro il prossimo anno, credo emergerà una nuova categoria/termine utilizzata per definire l’unificazione di applicazioni, persone, processi, sistemi e dispositivi: la data unification platform.
- Crescerà l’urgenza di adottare una strategia di integrazione perché le organizzazioni avranno sempre più a che fare con i dati
L’evoluzione delle normative globali sulla tutela dei dati, insieme alla presenza dei silos di dati in azienda, porteranno le organizzazioni a dover ripensare rapidamente le proprie strategie di gestione dei dati nel 2020 e a guardare sempre più alla loro integrazione per non rischiare di rimanere indietro rispetto al mercato.
Le aziende più previdenti ed esperte si stanno già orientando da tempo verso questo obiettivo per ottenere informazioni più accurate e solide, ottimizzare le operations e migliorare i risultati di business. L’adozione di una corretta strategia di integrazione riduce il tempo e le risorse necessari per reindirizzare costantemente i dati in un unico luogo. L’anno prossimo le aziende investiranno molte risorse e capitali nell’Edge Computing e nell’IoT e l’aggiornamento della propria strategia sulla gestione dei dati sarà ancor più fondamentale per non rischiare di perdere i vantaggi che le tecnologie di prossima generazione potranno portare o di rimanere indietro rispetto alla concorrenza.
- Le aziende si affideranno sempre più ai metadati che ai dati per fornire insights
È capitato spesso in passato che un’analisi troppo zelante dei dati abbia portato le aziende a dover affrontare delle cause legali sulla privacy, promosse dai consumatori o dagli stessi governi, che, a loro volta, si sono poi adoperati per introdurre leggi ancora più severe sulla governance dei dati. Comprensibilmente preoccupate di poter commettere ancora errori simili in futuro, nel 2020 le aziende, piuttosto che analizzare i dati reali, si rivolgeranno sempre più ai metadati per elaborare i propri insight.
Raccogliendo gli attributi dei dati – come il loro movimento, il volume, le convenzioni di denominazione e altre proprietà – le aziende potranno fornire le proprie indicazioni sulle questioni legate all’accesso alle informazioni di identificazione personale (PII) e ad altre informazioni sensibili. I metadati si prestano bene alla tutela della privacy e, adottando il modeling corretto basato sul machine learning e sull’intelligenza artificiale, possono fornire ancora informazioni accurate e fondamentali per i responsabili dell’azienda, come quelle legate ai cambiamenti nella generazione dei lead, all’accesso ai dati da parte di terzi, alle potenziali violazioni e ad altro ancora.