La Cina protagonista della cyberwar che a livello globale conta sempre più assoldati. Secondo FireEye, azienda specializzata in sicurezza, dietro a una lunga serie di attacchi informatici che negli ultimi dieci anni hanno visto come vittime giornalisti, aziende e governi asiatici si nasconderebbe la mano di Pechino.
L’unità responsabile delle operazioni, chiamata da FireEye APT 30 (Advanced Persistent Threat Group) potrebbe essere diretta emanazione del Governo, o una sua agenzia o un’azienda privata. Quello che è certo è che si sarebbe servita di circa 200 varianti di malware che sarebbe passato del tutto inosservato, tanto che per dieci lunghi anni nessuno avrebbe sospettato di niente.
Tra le vittime degli attacchi FireEye fa rientrare bersagli localizzati in India, Malesia, Tailandia, Vietnam, Singapore, Filippine, Nepal, Indonesia ed altri paesi asiatici.
Gli indizi ci sono tutti, anche se manca la cosiddetta prova regia: sarebbe stato infatti ritrovato un manuale operativo scritto in cinese, un codice sviluppato da programmatori cinesi e una serie di nomi a dominio coinvolti registrati da una società specializzata in the con base nel Paese del Sol Levante.
Un altro elemento che porta a puntare il dito verso la Cina è la natura dei bersagli, tutti soggetti che avrebbero a disposizione informazioni utili in ottica di controllo della regione del sud-est asiatico e legati a rilevanti questioni politiche, economiche e militari.