Sono in tutto sei le riflessioni sul futuro dell’intelligenza artificiale a cura di Michael Feindt (nella foto qui sotto), fisico, data scientist, docente efondatore di Blue Yonder, società pioniera nell’ambito dell’intelligenza artificiale e ora parte di JDA Software.
È lui che, da diversi anni, studia come sviluppare e ottimizzare gli algoritmi che danno vita alle tecnologie cognitive: potenti strumenti utili non solo per offrire vantaggi alle aziende, ma anche per migliorare il mondo in cui viviamo.
Da qui le sei riflessioni e previsioni sull’evoluzione delle soluzioni di soluzioni di Artificial Intelligence per il 2020. Vediamole insieme.
Artificial Intelligence e causalità convergeranno per migliorare le strategie decisionali. In qualsiasi ambito, l’AI dovrebbe contribuire a migliorare processi complessi e a superare l’apprendimento derivante solo dalle correlazioni dei dati storici, che ormai non è più sufficiente. Infatti, è necessaria una comprensione causale per rendere validi le analisi what-if. Per esempio, l’intelligenza umana, da sola, non è in grado di identificare gli acquirenti occasionali su un punto vendita e capire quali promozioni saranno più interessanti per questa tipologia di clientela, ed è qui che AI e Machine Learning svolgono un ruolo chiave. È prassi che i retailer si concentrino sui clienti fidelizzati. Tuttavia, la marginalità potrebbe essere migliorata con strategie commerciali specifiche, pensate per gli acquirenti occasionali. Identificare la tipologia di cliente e il giusto prezzo da proporre è possibile grazie all’utilizzo di conoscenze causali basate sull’AI. Questo permette ai retailer di formulare offerte e promozioni sempre più personalizzate, basate anche sulla causalità, e di massimizzare la marginalità delle vendite a clienti non fidelizzati.
L’Artificial Intelligence avrà un impatto positivo nel creare posti di lavoro. Una convinzione diffusa è che l’AI porterà una riduzione dei posti di lavoro, data la sua capacità di trascendere l’intelligenza computazionale umana. In realtà è vero il contrario. Ci sarà sempre bisogno dell’uomo per costruire, guidare e monitorare i sistemi basati su AI. Quando sono stati inventati i computer, le persone pensavano che ci sarebbe stata una diminuzione di posti di lavoro, la realtà dimostra che sono stati creati nuovi profili professionali altamente qualificati, e dopo oltre 60 anni gli esperti in informatica sono ancora troppo pochi. Analogamente, l’AI non sostituirà gli esseri umani e il controllo che questi esercitano sui processi. Infatti, la richiesta di esperti in grado di pensare in modo quantitativo e di comprendere algoritmi matematici complessi è già altissima.
L’Artificial Intelligence avrà un ruolo sempre più strategico. Questo avverrà attraverso una nuova generazione di manager in grado di comprende il valore aggiunto delle tecnologie cognitive e di coniugarlo con le esigenze del business per affrontare con successo le sfide del mercato. I data scientist non possono fare tutto, sono necessari profili manageriali che conoscano sia il potenziale delle soluzioni AI sia i processi specifici del business affinché le iniziative digitali innovative abbiano successo. Questa nuova generazione di manager dovrà essere capace di esprimere la propria leadership nel guidare il cambiamento e nell’ottenere la fiducia del Consiglio di Amministrazione, perché è spesso tra questi due poli che nascono i maggiori ostacoli all’adozione di nuove soluzioni e di processi basati sull’intelligenza artificiale.
L’Artificial Intelligence guiderà la sostenibilità. Tecnologia e sostenibilità vanno di pari passo. Sfruttando gli algoritmi dell’Artificial Intelligence, le aziende possono misurare gli impatti ambientali e sociali, apportare automaticamente le correzioni più opportune e ottimizzare le iniziative a supporto della sostenibilità. Le tecnologie cognitive possono aiutare le aziende a operare in modo responsabile e profittevole favorendo la riduzione degli sprechi, una produzione più efficiente, strategie di trasporto più consapevoli e l’ottimizzazione delle risorse.
AI e data science avranno un ruolo pervasivo sull’istruzione scientifica. È sempre più sentita l’esigenza di applicare la scienza dei dati anche ad ambiti quali medicina, energia, ricerca sul clima, fisica, chimica e psicologia: discipline che dovrebbero diventare sempre più quantitative e data-driven. Gli studenti in ambiti scientifici hanno più che mai bisogno di apprendere come applicare la scienza dei dati alle loro materie di specializzazione fin dall’inizio del loro percorso di formazione. In generale, la scienza dei dati dovrebbe avere un ruolo sempre più rilevante nei programmi scolastici, a tutti i livelli.
L’AI andrà oltre i confini di una singola azienda. Quando l’intelligenza artificiale è integrata nella supply chain di un’azienda infonde e rende disponibili capacità predittive avanzate, che guidano decisioni più consapevoli e basate su fatti. Se l’AI è integrata trasversalmente in un’organizzazione, ed estesa anche ai fornitori, consente di pianificare meglio le attività di tutti gli attori della filiera. Ad esempio, se il produttore conosce le attività dei retailer e le conseguenze che queste hanno sulla propria attività, e viceversa, sarà possibile ottimizzare le scorte di prodotti e materie prime ed entrambe le parti potranno migliorare la pianificazione. L’AI è in grado di rendere più efficiente l’intero ecosistema della supply chain, portando benefici non solo all’azienda che l’adotta ma anche ai suoi partner commerciali. E proprio nella supply chain che l’AI già emerge e sempre più emergerà, influenzando le decisioni a livello globale per raggiungere risultati profittevoli e sostenibilità del business: obiettivi che, grazie anche alle nuove tecnologie cognitive, sono sempre più integrati e interdipendenti.