Sempre più applicazioni stanno irrimediabilmente migrando al Cloud, al punto che alcuni fornitori hanno scelto proprio la “nuvola” come una piattaforma di fruizione. Si tratta di un’interessante opportunità per i fruitori. Ma un simile fenomeno non può prescindere dalla disponibilità di adeguate infrastrutture di comunicazione. Un aspetto che, invece, viene troppo spesso trascurato. Anche perché, come spiega Antonella Santoro,Vice President del Marketing Emea di Allied Telesis, le non conformità rappresentano un serio ostacolo all’impiego di una simile tecnologia.
Se il Cloud fa paura
In particolare, in Italia, nel 58% dei casi analizzati dagli specialisti della multinazionale giapponese è stata rilevata un’inadeguata qualità del servizio (QoS) offerto dalle reti esistenti, che impedisce di sfruttare adeguatamente i servizi disponibili. Se a questo aggiungiamo una ridotta disponibilità di banda, soprattutto in alcune località periferiche, ben si comprende quali siano i limiti, soprattutto quando è necessario trasferire grandi quantità di dati o quando l’affidabilità rappresenta un requisito particolarmente importante. A questo l’indagine aggiunge anche alcuni aspetti soggettivi. Situazioni dettate dal fatto che, in Italia, molte aziende non ritengono necessario l’accesso remoto o quello in mobilità. In realtà, anche se non ammesso esplicitamente, sembra che numerosi manager siano spesso restii ad introdurre innovazioni che potrebbero mettere a repentaglio la stabilità delle loro reti.
Un timore che, però, deve essere superato, poiché il Cloud sgrava un’azienda dagli investimenti e dalle competenze necessarie per la gestione di grosse moli di dati. Al tempo stesso, però, una simile attività è particolarmente delicata in termini di sicurezza. Far risiedere i propri dati lontano comporta infatti, in caso di malfunzionamento, l’impossibilità di poter intervenire direttamente. Un’eventualità che, ovviamente, non può essere tollerata da nessun responsabile. In questo ambito, così come per altri settori, qualunque strategia di Cloud non può quindi prescindere da una rete sempre funzionante in modo ottimale.
Un’esigenza che, come sottolinea la stessa Santoro, impone alle reti cloud-ready di possedere tre caratteristiche essenziali: resilienza, scalabilità e semplicità di gestione. Questo significa, tradotto in termini più semplici, che l’infrastruttura di comunicazione deve essere in grado di funzionare a fronte di qualunque evento e di qualunque guasto. Così come deve supportare l’evoluzione e la crescita, senza dover ricorrere necessariamente a personale specializzato. Per tale ragione la gestione dell’infrastruttura di comunicazione deve essere relativamente semplice e il più possibile automatizzata.
La rete fa da sola
Al crescere della complessità e dell’estensione di una rete, controllo e gestione risultano però difficili e costosi. Mentre il mercato chiede soluzioni in grado di autoconfigurarsi, riducendo al minimo l’intervento del personale. Una simile capacità è offerta, teoricamente, da SDN – Software Defined Networking. Caratterizzato dalla capacità di rendere programmabili i singoli nodi di rete, consentendo così una gestione ottimale dell’infrastruttura di trasporto. In realtà, allo stato attuale, una simile tecnologia risulta ancora particolarmente complessa da implementare e soprattutto molto costosa. Al punto che si ritiene che sarà accessibile in modo diffuso solo tra circa cinque anni. Mentre, allo stato attuale, viene impiegata quasi esclusivamente nei grandi datacenter o presso realtà, come quelle finanziarie, in grado di affrontare investimenti significativi.
Per progetti più comuni, invece, la multinazionale giapponese ha sviluppato Allied Telesis Management Framework – AMF, un’innovativa tecnologia che permette di ridurre fino al 60% la complessità e i costi relativi alla gestione della rete.
Proprio attraverso AMF, sottolinea Santoro, “offriamo ai nostri clienti Enterprise i vantaggi della tecnologia SDN, in termini di automazione di alcune operazioni, di semplificazione della configurazione e di management delle reti. Il tutto senza costringerli a rinnovare interamente il proprio hardware”.
AMF, infatti, rende possibile la gestione integrata dell’intera rete aziendale, con il beneficio immediato di ridurre la complessità dell’infrastruttura stessa, oltre che i tempi e le risorse necessarie per gestire la rete. Questo perché la piattaforma mette a disposizione la gestione centralizzata, l’auto-backup e l’aggiornamento automatico delle configurazioni, il provisioning automatico e l’auto-recovery.
In pratica i singoli nodi di rete (ovvero le apparecchiature attive utilizzate per la trasmissione e la gestione dei segnali, con particolare attenzione per le immagini riprese dalle telecamere) vengono così gestiti da un unico punto centrale. Ma, soprattutto, i criteri di configurazione non sono registrati sul singolo apparecchio. Questo significa che, a fronte di qualunque guasto, è sufficiente sostituire il componente danneggiato con uno nuovo perché la rete sia in grado di riconfigurarsi immediatamente e in modo automatico. Il tutto senza la necessità di un intervento umano che vada al di là della semplice sostituzione fisica. Allo stesso modo, a fronte del necessità di estendere le reti di videosorveglianza con l’aggiunta, oltre che di telecamere, anche di nuovi apparecchi attivi, l’infrastruttura è in grado di riconoscere i nuovi componenti e, in modo automatico, di configurabili per ottimizzare l’intero traffico.
In questo modo, qualunque espansione risulta particolarmente rapida e, soprattutto, non richiede l’intervento di personale qualificato, consentendo invece ai tecnici di focalizzare l’attenzione sulle attività a maggior valore aggiunto. Firmware e configurazioni, inoltre, risultano costantemente aggiornati, con una riduzione dei costi operativi che, secondo Santoro, può essere valutata nell’ordine dei 60%.
In una prima fase la tecnologia AMF sarà disponibile per le apparecchiature firmate Allied Telesis. Ma i laboratori stanno già testando la compatibilità con le soluzioni dei più noti brand di mercato.