Torna l’operazione #OpIsrael (Operation Israel): gli hacker di Anonymous, come ormai tradizione dal 2013, hanno preso di mira lo Stato di Israele in risposta alle politiche oppressive del governo Netanyahu contro i palestinesi e all’offensiva militare “Margine Protettiva” della scorsa estate contro Gaza.
“Non avete interrotto le vostre continue violazioni dei diritti umani – si afferma nel comunicato video diffuso da Anonymous in inglese con sottotitoli in arabo -. Non avete bloccato gli insediamenti (colonici) illegali. Avete ucciso migliaia di civili come nell’ultimo attacco a Gaza nel 2014. Avete confermato di non rispettare le leggi internazionali”: questi i motivi dell’attacco a detta degli hacker, che con la loro azione si sono voluti unire in solidarietà con il popolo palestinese contro Israele per distruggere e cancellare Israele dal cyber spazio.
Tra i portali “bucati” ci sarebbero quelli della polizia, della Knesset e dei Ministeri dello sviluppo e della salute, ma anche di aziende e industrie private che operano nel settore della difesa e della produzione bellica. Gli hacker di Anonymous sono riusciti ad entrare in possesso anche di informazioni riservate, email con relative password e numeri telefonici.
Nonostante il tentativo dei vertici israeliani di far passare l’attacco subito come un “fiasco”, è innegabile che qualche danno non trascurabile deve esserci stato. Ma soprattutto in seguito a questi fatti viene rimandata l’immagine di una Israele non così impenetrabile agli hacker come lei vorrebbe far credere.