Lavoro in smart working: dal cambiamento obbligato alla scelta consapevole è il titolo proposto da Maurizio Desiderio, Country Manager di F5 Italia & Malta, per una riflessione scritta sui cambiamenti osservati negli ultimi 16 mesi.
Nel 2020 le abitudini lavorative che avevano caratterizzato più di una generazione sono state rivoluzionate nel corso di pochi mesi: il lavoro da remoto, che molte aziende stavano esplorando o progressivamente adottando, è diventato improvvisamente una necessità per una buona parte dell’economia globale, compreso il mondo dei servizi professionali IT.
Mentre affrontiamo la ripresa dal COVID-19, la maggior parte delle aziende scopre di avere a propria disposizione nuove scelte e percorsi. Innanzitutto, potrà decidere di continuare a trarre vantaggi economici dall’aver adottato pratiche di lavoro maggiormente flessibili e, allo stesso tempo, ottimizzare e fare evolvere i luoghi di lavoro fisici esistenti.
Se lo scorso anno aziende e dipendenti si sono trovati di fronte a scelte obbligate, nei prossimi mesi esploreremo progressivamente maggiori opportunità. Lavoreremo a casa o in ufficio? Dovremo organizzare una riunione virtuale o in presenza? Sarà davvero necessario viaggiare così tanto?
Smart working sì, smart working no, smart working forse
Poco più di un anno fa, tutte le aziende stavano affrontando sostanzialmente un percorso identico dal punto di vista del lavoro da remoto ma oggi, in un momento in cui il contesto continua a cambiare, i percorsi sono diventati divergenti e le organizzazioni devono fare una riflessione molto più profonda per comprendere di cosa hanno veramente bisogno.
È vero che per molte aziende in Italia il “telelavoro” ad oggi continua a rappresentare la regola, tanto che a oltre un anno dallo scoppio della pandemia, secondo le stime della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, nel nostro Paese 5,4 milioni di lavoratori dipendenti sono ancora “agili” (oltre 7 milioni se si considerano anche gli autonomi, il 32% del totale), rispetto ai 500mila dell’era pre-Covid e agli 8 milioni di marzo 2020, ma è altrettanto vero che le decisioni che riguardano la modalità di lavoro da adottare in futuro non possono essere prese alla leggera.
Negli ultimi 12 mesi abbiamo imparato molto sui vantaggi e anche sugli svantaggi che il lavoro a distanza comporta e ora siamo in grado di comprenderne costi e benefici, anche se il reale impatto di questo cambiamento epocale sulle pratiche di lavoro potrà essere compreso e misurato solo in anni, e non in mesi. Ad esempio, è ancora troppo presto per avere piena fiducia negli effetti a lungo termine del lavoro a distanza in ambiti come il recruiting e la promozione dei talenti all’interno dell’azienda, lo sviluppo della carriera individuale o la produttività collettiva.
Non è tutto oro quello che luccica
Dal punto di vista della formazione e della consulenza informatica, ad esempio, credo che ci siano alcuni aspetti e costi nascosti di cui dovremmo avere maggiore consapevolezza. Sebbene gran parte della formazione possa essere – ed è – erogata con un livello eccellente anche con l’apprendimento online autogestito, vi sono limitazioni evidenti.
L’apprendimento avviene per gradi e in modo differente a seconda dell’individuo, ma con l’e-learning tutti hanno un’esperienza identica. Un trainer esperto in classe è in grado di adattarsi alle esigenze di un particolare gruppo o dei singoli individui che lo compongono, personalizzando e approfondendo la sessione. Inoltre, un corso svolto in presenza porta deliberatamente le persone fuori dalla loro normale routine lavorativa per limitare le distrazioni. Mentre fissare per 30 minuti lo stesso schermo che si utilizza per lavorare non permette di creare la stessa atmosfera favorevole per l’apprendimento di concetti o tecniche complessi.
Anche l’onboarding dei dipendenti presenta complessità: il primo ostacolo è che le aziende credono che i colloqui di lavoro digitali e reali siano equivalenti. Tuttavia, un recente studio dell’Università di Ulm in Germania ha scoperto che i candidati sono valutati più negativamente nei colloqui online, anche se danno risposte identiche ai candidati incontrati di persona. Il motivo è che nelle conversazioni condotte digitalmente è più difficile utilizzare la gestualità o la propria postura per evidenziare i propri punti di forza e minimizzare i punti deboli. La mancanza di interazioni reali o le difficoltà nell’organizzarle, mettono inoltre a repentaglio un onboarding efficiente e l’introduzione di nuove risorse nei gruppi di lavoro.
Le problematiche maggiori vengono riscontrante nei processi di conoscenza reciproca, nell’integrazione nel gruppo e nel garantire dinamiche di squadra: tutto ciò richiede interazioni significativamente più strette e misure aggiuntive.
Le stesse considerazioni valgono per la consulenza: se è vero che qualsiasi accordo implica un numero fisso di criteri che devono essere rispettati affinché l’assegnazione abbia successo, è altrettanto vero, come qualsiasi consulente potrà confermare, che questi requisiti non sono l’unica posta in gioco. Il vero valore deriva dalle capacità di un consulente esperto di osservare l’ambiente, interagire, formulare raccomandazioni specifiche e fornire risultati che vadano ben oltre il brief ricevuto.
Questo tipo di valore così intangibile, strettamente legato all’essere integrati nell’ambiente di lavoro di un cliente, può veramente essere colto operando da remoto?
Guardando al futuro, ci sono due fattori chiave che i fornitori di servizi professionali devono considerare attentamente. Il primo è l’importanza delle interazioni casuali, degli incontri fortuiti e della capacità di osservare un’organizzazione al lavoro. Questo semplicemente non accade quando il tuo mondo lavorativo si riduce alle persone con cui comunichi digitalmente.
La seconda sfida è fornire valore aggiunto in un contesto remoto. Un consulente che lavora virtualmente a un progetto a lungo termine rischia di diventare un volto dietro lo schermo piuttosto che un membro completamente integrato del team del cliente, e tutto questo fa la differenza tra una consulenza fidata e un servizio di base.
Obiettivo di ogni azienda: trovare il giusto equilibrio
Attenzione, nessuna di queste due considerazioni è volta a negare il valore che il lavoro a distanza è riuscito a offrirci durante l’emergenza e che offrirà anche in futuro alle aziende dell’IT e ai loro clienti. In effetti, anche in F5, i team di formazione e consulenza gestivano già buona parte del proprio carico di lavoro da remoto anche prima che si verificasse la pandemia e, lo scorso anno, siamo rimasti tutti piacevolmente sorpresi da quanto sia possibile ottenere standard elevati di qualità anche operando virtualmente. Abbiamo anche potuto sperimentare metodi di training che non avremmo mai provato in precedenza!
In un futuro, si spera non troppo lontano, ritengo però che per molte aziende la formazione, la consulenza e le pratiche di lavoro in generale evolveranno verso un approccio ibrido, con incontri di persona quando si ha bisogno di discutere l’esecuzione delle attività e confermare i risultati attesi, così da contribuire a creare fiducia tra tutte le parti.
La sfida per le organizzazioni ora è proprio riuscire a trovare questo giusto equilibrio tra lavoro tradizionale e smart working: unire la voglia di efficienza con l’imperativo di un lavoro di squadra efficace. L’obiettivo a tendere, quindi, sarà quello di creare un ambiente di lavoro che porti tutti gli interessati a poter contribuire nel modo migliore, e mi riferisco non solo ai dipendenti, ma anche ai fornitori e ai partner di servizi professionali.