È una vera e propria rivoluzione copernicana quella legata all’evoluzione tecnologica e alla sua applicazione nei vari contesti sociali. Secondo AICA due sono in particolare le tematiche che si prevede di affrontare in momenti di pubblica discussione fra esperti, tematiche rese particolarmente importanti anche a causa di quanto la pandemia da Covid‑19 ha comportato in termini di uso delle tecnologie informatiche: cybersecurity e cooperazione a distanza.
Quello della cybersecurity è un tema caldo, soprattutto pensando ai recenti fatti di cronaca relativi all’attacco hacker subito dalla regione Lazio. Un evento di questo tipo cattura l’attenzione sulla necessità di una maggiore sicurezza e dell’ammodernamento degli strumenti di lavoro della Pubblica Amministrazione. Con un’attenta analisi è chiaro che la messa in sicurezza dei sistemi informatici registra un costo inferiore rispetto alle spese in cui si incorre qualora le vittime di attacchi siano costrette a bloccare l’operatività dei sistemi e sostenere il ripristino delle attività.
Con lo smart working poi, si è ampliata l’area d’attacco alle reti e ai dispositivi dei singoli lavoratori, gli hacker hanno avuto a disposizione infinite “porte di accesso” ai sistemi informativi tanto privati quanto pubblici. Diversi comuni e uffici sono stati attaccati, costretti a blocchi operativi e hanno visto sottrarsi dati sensibili dei cittadini che sono spesso finiti anche in vendita sul Dark Web. Lo stesso Ministro Colao ha affermato che quasi il 95% dei server della PA sarebbe a rischio e il tema non è nuovo visto che la strategia per l’ammodernamento dei sistemi della PA era già stata delineata nel Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2020/2022.
Il piano è fondato su alcuni principi cardine che dovranno ispirare l’operato della PA quali: digital & mobile first; cloud first; servizi inclusivi e accessibili; sicurezza e privacy by design; user-centric; data driven e agile; once only; dati pubblici; codice aperto. Per l’implementazione del piano è necessario quindi che la PA si doti di strumenti informatici sicuri che consentano di proteggere adeguatamente i propri sistemi informativi.
E anche se, dopo quanto affermato dal Ministro Brunetta in merito allo smart working per gli impiegati della pubblica amministrazione, la categoria tornerà a lavorare in presenza, gli strumenti di supporto alla cooperazione a distanza, divenuti improvvisamente diffusissimi a causa dell’emergenza sanitaria, continueranno a essere i protagonisti dell’immediato futuro. Se da un lato hanno ricoperto un importante ruolo in piena pandemia, è bene sottolineare come meritino una meditazione sia per quanto riguarda il loro utilizzo in chiave didattica, sia per le loro potenzialità relativamente all’uso in contesti professionali.
In ambito education, la stessa ICDL Foundation ha definito due syllabi (insiemi di competenze richieste) di certificazione delle competenze in termini di Teamwork e di Remote work. Questo perché nell’immediato futuro serviranno professionisti in grado di utilizzare in modo consapevole e intelligente le tecnologie per la cooperazione. A proposito di certificazioni, è intenzione di AICA promuovere un’indagine nel pubblico e nel privato per valutare l’interesse a una contestualizzazione dei due suddetti syllabi nel nostro Paese.
La cooperazione a distanza secondo AICA sarà sicuramente un tema “caldo” ancora per tutto quest’anno e il prossimo. Non vi è dubbio che l’attuale situazione ci sta abituando a nuove strategie di lavoro e comunicazione, una necessità per non fermare tutto. Diverse sono le aziende, infatti, che incoraggiano i dipendenti a lavorare a distanza, Google rinvia al 10 gennaio 2022 il rientro in ufficio. Il CEO di Twitter, Jack Dorsey, ha incoraggiato i dipendenti a lavorare «dove si sentono più creativi» e Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha annunciato che la sua azienda sarà orientata al futuro proprio grazie al lavoro a distanza.
Il lavoro da remoto ha comportato la fuoriuscita dagli schemi tradizionali e dal meccanismo del controllo affinché il lavoratore governi la sua attività con la possibilità di gestire l’equilibrio tra vita professionale e personale. Con conseguenze enormi sulla riduzione degli spostamenti e la decongestione del traffico delle metropoli, con ricadute significative sull’ambiente e sui trasporti pubblici. C’è solo da verificare se sia possibile ottenere proprio gli stessi effetti attraverso la comunicazione digitale, che ci sta consentendo di lavorare a distanza, in remote working.
Nel 2020 oltre 8 milioni di Italiani hanno dovuto fare uso dello Smart Working e ne parlano come occasione da non perdere per cambiare in meglio l’organizzazione del lavoro con tutti i suoi pro e i suoi contro. Se da un lato i vantaggi sono tanti, non mancano certo le conseguenze negative di questa nuova forma di lavoro: lo stare molto fermi e seduti tante ore davanti a un computer può avere ripercussioni sull’apparato motorio e cardiovascolare. E poi occorre organizzare bene il proprio spazio di lavoro a casa, per consentire di utilizzare al meglio, cioè in modo flessibile, le proprie naturali attitudini all’attività lavorativa, andando a calibrare in maniera adeguata i propri ritmi.
Testo a cura di Nello Scarabottolo, Vice Presidente Vicario di AICA