Inizialmente vista con scetticismo, l’Intelligenza Artificiale Generativa può portare numerosi vantaggi al settore pubblico. Ovviamente, come per ogni tecnologia, deve essere usata in modo adeguato e sicuro.
Passato lo scetticismo, arriva il momento della curiosità. Molti governi, infatti, hanno iniziato a sperimentare l’intelligenza artificiale generativa (GenAI) per migliorare la qualità e la velocità dei processi decisionali e aumentare efficienza ed efficacia di politiche, programmi e servizi pubblici. Proprio quando le finanze pubbliche sono messe alla prova da una crescita economica che va a rilento, la GenAI offre infatti l’opportunità al settore pubblico nel mondo di migliorare i servizi offerti a cittadini e imprese, così come di generare valore.
Come già illustrato nello studio di Boston Consulting Group (BCG), “Generative AI for the Public Sector: From Opportunities to Value”, infatti, il settore pubblico potrebbe aumentare la propria produttività grazie all’uso di strumenti basati su GenAI, quantificabile a livello globale in 1.750 miliardi di dollari all’anno entro il 2033. Trasformazione possibile attraverso l’attivazione di sei abilitatori cruciali: Leadership, Persone e Competenze, Partnership, Tecnologia, Dati e Politiche e Governance. Ognuno di questi abilitatori gioca un ruolo fondamentale nel garantire l’implementazione e la scalabilità delle soluzioni GenAI all’interno del settore pubblico. In Italia, queste tecnologie possono generare un guadagno quantificabile intorno ai 25 miliardi di dollari annui.
Ma cosa pensano i cittadini di questa rivoluzione nel settore pubblico?
BCG e Salesforce hanno condotto un’analisi congiunta su 41.600 utenti abituali del web in 48 giurisdizioni nel mondo. Dal report, intitolato “Gen AI: The Trust Multiplier for Government”, emerge che, sebbene molti cittadini si sentano a proprio agio con l’idea che il settore pubblico utilizzi l’AI, sono due le principali fonti di preoccupazione: la velocità di implementazione e sviluppo della stessa AI e il potenziale impatto su posti di lavoro ed economia. Inoltre, più di un terzo dei cittadini intervistati non si fida affatto dell’uso responsabile dell’AI da parte dei governi, a fronte di circa tre intervistati su cinque a livello globale che invece dichiarano di fidarsi. È evidente, quindi, che il punto di partenza è costruire (o ricostruire) la fiducia di molti cittadini.
Come afferma Roberto Ventura, Managing Director e Partner di BCG: “Implementando la GenAI in aree mirate, il settore pubblico può ottenere miglioramenti significativi nell’erogazione dei servizi, nell’efficienza operativa e nel coinvolgimento dei cittadini. Inoltre, i governi potranno usare la maggiore produttività per affrontare le esigenze dei cittadini non soddisfatte appieno o impegnarsi in attività ad alto valore aggiunto per la comunità”.
I risultati della ricerca
Per comprendere meglio il modo in cui i cittadini si sentono, l’analisi ha misurato innanzitutto il loro grado di familiarità con la tecnologia. In media, il 27% degli intervistati utilizza gli strumenti di GenAl almeno una volta alla settimana e il 16% almeno una volta al giorno (43% complessivamente). Le tendenze nell’uso quotidiano variano in modo significativo a seconda dell’area, ad esempio, solo il 4% degli intervistati in Italia utilizza gli strumenti di GenAl almeno una volta al giorno, rispetto al 15% degli Stati Uniti e al 42% del Qatar. Vi è tuttavia un 23% di persone a livello globale a non aver mai usato questi strumenti.
Dallo studio sull’uso della GenAI nel settore pubblico emergono alcuni risultati interessanti. Dal momento che il 74% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto problemi con i servizi digitali della pubblica amministrazione negli ultimi due anni, quasi la stessa percentuale (75%) si aspetta che la qualità dei servizi digitali arrivi ad essere al pari di quella delle migliori aziende del settore privato grazie all’uso dell’AI e della GenAI.
Il 40% degli intervistati nel mondo ritiene poi che i benefici dell’AI nel settore pubblico siano superiori ai rischi, il 31% afferma che sono uguali e il 21% che i rischi sono maggiori. Tuttavia, gli intervistati con maggiore conoscenza dell’AI hanno una probabilità doppia di affermare che i benefici superano i rischi rispetto a quelli che conoscono meno la tecnologia e una probabilità doppia rispetto a quelli che non hanno alcuna conoscenza dell’AI. Gli italiani si dicono preoccupati principalmente per la perdita di posti di lavoro (36%) e per le capacità degli individui che usano questi strumenti (30%).
Il 63% degli intervistati si sente a proprio agio nell’interagire con l’AI per accedere ai servizi erogati dal settore pubblico, percentuale che in Italia è più bassa ma non molto lontana (48%). Nel dettaglio, il 71% a livello globale si sente a proprio agio se il governo utilizza la GenAI per comunicare in più lingue, il 69% se gli agenti del servizio clienti utilizzano strumenti di supporto basato su GenAI e il 67% è d’accordo con l’uso di GenAI per snellire le attività amministrative. Il livello di comfort dei cittadini è molto più basso quando si parla di utilizzare la GenAI per prendere decisioni automatizzate sull’accesso ai servizi pubblici o per monitorare il sentiment pubblico.
La regolamentazione rassicura i cittadini
Per aumentare la fiducia dei cittadini nell’uso dell’AI nel settore pubblico, infatti, gli stessi hanno indicato la creazione di leggi per assicurarne il corretto utilizzo e di regolamenti specifici per la salvaguardia dei dati personali come i principali modi per fidarsi maggiormente, citati a livello globale rispettivamente dal 38% e dal 34% degli intervistati, analogamente a quanto fatto dal 32% e 35% degli italiani. Tuttavia, il 10% degli intervistati globali rimane sfiduciato nell’uso di queste tecnologie, dichiarando che nulla potrebbe fargli cambiare idea.
Conclusioni
“Sebbene molti potrebbero aspettarsi che l’applicazione della GenAI nelle amministrazioni pubbliche generi conseguenze negative, questa tecnologia ci si aspetta trasformi radicalmente la natura in cui il settore opera come già osservato in altri ambiti”, conclude Roberto Ventura. “Il processo non deve tuttavia lasciare fuori i cittadini, che ne sono parte integrante e a cui i governi devono assicurare piena trasparenza sull’utilizzo responsabile delle tecnologie così come dei loro dati”.