Forse non si parla a sufficienza del tema della “diversity” nel mondo IT ma ora a tentare di colmare il gap arriva un nuovo studio condotto da Kaspersky Lab in Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Spagna.
Il sondaggio, realizzato a fine 2018, ha coinvolto un campione di 5.000 persone (500 uomini e 500 donne per ciascuno dei paesi presi in esame). La base degli intervistati era costituita da adulti di 18 anni o più che attualmente lavorano nel settore IT, o nell’ambito tecnologico in generale, per aziende di varie dimensioni.
Focus sull’Italia
Per quanto riguarda la realtà del nostro paese, i risultati mostrano che il 30% delle donne italiane è stato frenato dal divario di genere percepito all’interno dell’azienda nel momento in cui ha iniziato a lavorare nel settore, rispetto al 23,4% degli uomini. Quasi la metà (il 47,8%) dei professionisti italiani del settore IT ha riferito di lavorare in un team composto per la maggior parte da uomini, mentre solo il 7,4% ha dichiarato di essere in una squadra di lavoro prevalentemente al femminile.
Quasi il 60% delle professioniste che lavorano nel settore IT in Italia ha dichiarato di essere meno incline a lavorare per un’azienda nel caso in cui ci sia un chiaro squilibrio di genere (quella italiana è una percentuale più alta rispetto a quella europea, che arriva al 52,7%); la percentuale di uomini per i quali sarebbe un problema arriva solo al 40%.
La ricerca di Kaspersky Lab svela anche che:
- Circa un quarto delle donne italiane impiegate oggi nell’IT (24,8%) ha dichiarato che la mancanza di professioniste nel settore le aveva rese inizialmente riluttanti nell’intraprendere una carriera nel mondo della tecnologia.
- Un quarto (25,4%) delle donne italiane con ruoli decisionali nell’ambito IT ha confermato nel corso del sondaggio di aver assistito a casi di “mansplaining” (il termine che indica un atteggiamento paternalistico da parte di un uomo nello spiegare ad una donna qualcosa di ovvio, o di cui lei è esperta, con il tono di chi parla a una persona che non capisce) in ambito lavorativo.
- Quasi quattro donne su dieci (39,8%) pensano di avere maggiori opportunità di fare strada in ambienti nei quali c’è una presenza equilibrata tra uomini e donne o dove ci sono più donne al lavoro.
- Circa il 40% delle donne con ruoli decisionali nell’ambito IT ritiene che il governo e le università debbano implementare un sistema di incentivi per contribuire ad aumentare i profili al femminile interessati ad una futura carriera nel settore tecnologico.
- Sia gli uomini che le donne coinvolti nel sondaggio si sono espressi in modo molto positivo rispetto alle loro esperienze nel settore dell’Information Technology, affermando che sia un ambito “stimolante” (per il 72,8% degli uomini e il 76,4% delle donne, un dato davvero interessante per l’Italia se messo a paragone con l’Europa; qui raggiunge quota 57,2% per gli uomini e 59,3% per le donne) e “collaborativo” (per il 46,4% degli uomini e il 45,8% delle donne). Meno di un quinto ha definito questo settore professionale come “stressante” (il 16,8% degli uomini e il 16% delle donne).
- Un elemento che in Europa rappresenta un vantaggio importante per la scelta di un qualsiasi tipo di lavoro nel settore IT è la retribuzione e vale sia per le donne che per gli uomini. In Italia è al terzo posto per gli uomini (con il 40,2% delle risposte degli intervistati) e al quinto per le donne (con il 35% delle risposte delle intervistate). Tra i principali vantaggi evidenziati dalle donne italiane in una carriera in ambito IT ci sono, invece, la possibilità di mettere in pratica le proprie abilità nel problem solving (per il 44,4%) e la possibilità di lavorare con orari flessibili, anche in smart working (per il 40%).
Il commento
“C’è una costante mancanza di donne nel settore IT, in tutta Europa. Anche se non esiste una soluzione immediata per bilanciare il divario di genere in questo, la nostra ricerca e il dibattito che abbiamo avviato possono aiutarci a capire davvero come rendere più attrattive la tecnologia e la sicurezza informatica e come far sì che diventino ambiti sempre più interessanti e accessibili per le donne. Non si tratta solo dei percorsi professionali dei singoli; l’intero settore della cybersecurity potrà trarre grandi benefici da una presenza al femminile più consistente. Potrebbe portare un approccio nuovo quando si tratta di monitorare, analizzare e, in generale, trovare soluzioni di protezione dalle minacce informatiche. Sappiamo che occorre fare sempre di più per incoraggiare e sostenere le donne nel nostro settore; per questo motivo, nell’ultimo anno, abbiamo compiuto tanti passi in avanti. Abbiamo sottoscritto la “Tech She Can charter” di PwC per incoraggiare un maggior numero di giovani ragazze a intraprendere carriere tecnologiche; abbiamo sostenuto il concorso AMPLIFY di Girls in Tech che offre alle start-up tecnologiche gestite da donne la possibilità di crescere. Abbiamo anche introdotto il nostro Women’s Network, attualmente in fase di sperimentazione nel Regno Unito. Quest’anno ci impegniamo a rendere gli stage ancora più accessibili ad un pubblico sempre più ampio e a promuovere i workshop informatici, per dare modo ai giovani di vedere da vicino cosa comporterebbe una carriera in questo settore. Il nostro approccio consiste nell’intraprendere azioni per continuare a contribuire all’evoluzione di un settore, quello della cybersecurity, perché diventi sempre più diversificato e, quindi, più forte”, ha dichiarato Ilijana Vavan, Managing Director of Europe di Kaspersky Lab.
Cosa fare?
Nel corso della roundtable di presentazione della ricerca, che si è svolta a Londra, si è discusso anche su come si potrebbe favorire la diversity e affrontare l’”imbalance paradox” dell’esperienza delle donne nell’industria tecnologica e nella tutela dei loro talenti.
Secondo India Lucas, Policy Manager for Skills, Talent and Diversity presso techUK, è fondamentale specificare cosa intendiamo oggi per tecnologia; ha dichiarato: “Dobbiamo sfidare la percezione di cosa possa essere oggi una carriera in ambito tecnologico. È qualcosa che non ha un significato univoco. Le aziende devono mettere i recruiter alla prova perché propongano più profili al femminile e abbiamo bisogno anche di un’educazione nuova, che ci consenta di mettere in discussione alcuni punti di vista per sfidare eventuali pregiudizi inconsapevoli”.
Wincie Wong, Digital Proposition Lead presso RBS e membro fondatore del “Tech She Can charter” di PwC, ha aggiunto: “Abbiamo bisogno di evidenziare ciò che una carriera nella tecnologia può rappresentare oggi, concentrandoci meno sul coding e più sull’impatto che le donne sono in grado di dare al settore. Dobbiamo anche cambiare il linguaggio intorno al mondo tech, in modo che sia più neutrale anche dal punto di vista del genere e non scoraggi il mondo al femminile.”
Ewa Magiera è Head of Communities per Code First Girls, un’azienda che ha proprio come obiettivo la crescita della diversity nella tecnologia. “Ci si focalizza spesso sui fattori matematici legati alla tecnologia, che potrebbero essere visti come qualcosa di poco incoraggiante, specialmente se si considera che l’ambito tech va ben oltre il coding. Anche altre competenze, come la creatività o l’empatia, possono rivelarsi molto preziose per il settore”.
Dalla ricerca realizzata per conto di Kaspersky Lab e dal dibattito scaturito emergerà una dichiarazione di intenti da parte della stessa azienda con l’obiettivo di ispirare un cambiamento nell’ambito dell’IT industry.